Dimmu Borgir: Live Report della data di Milano

A un mese dall’uscita di ‘Death Cult Armageddon’, le Death Cult Legions di Shagrath e Silenoz fanno tappa in Italia. Era da due anni ormai che i norvegesi non passavano per il nostro Paese, e le aspettative, considerata anche la presenza di un nome come Hypocrisy nella bill, erano altissime.

A giudicare dalle facce all’uscita del locale, non sono certo andate deluse.

Ma andiamo con ordine. Ad aprire la serata sono i Norther, band finlandese dall’indiscutibile capacità tecnica e dall’altrettanto indiscutibile vena di tribute band. È a tratti imbarazzante la loro voglia di assomigliare a tutti i costi ai Children Of Bodom, sia nelle mosse sul palco sia (soprattutto) a livello puramente musicale. C’è da dire che i pezzi hanno il tiro giusto e il pubblico sembra discretamente coinvolto; e forse questo è sufficiente per un gruppo che deve aprire la serata.

Ben diverso il discorso per gli Hypocrisy. Che la band di Tagtgren sia un pezzo di storia della musica estrema è un dato di fatto. Che siano uno degli spettacoli più devastanti a cui si possa assistere oggidì… beh, stasera se n’è avuta la conferma. In tre quarti d’ora di fuoco, a partire dalla classicissima ‘Roswell 47’, passando per ‘Fire In The Sky’ e ‘The Final Chapter’, passa in rassegna buona parte della carriera degli svedesi . I suoni sono, fortunatamente, perfetti, la band è carica e vogliosa di suonare, Tagtgren si conferma il miglior screamer che ci sia in circolazione… viene quasi da dire che il ruolo di gruppo-spalla vada loro stretto. Ma è quando tocca alla magistrale band norvegese che la serata assume la dimensione dell’evento. Che i Dimmu Borgir sappiano tenere fede dal vivo alla fama acquisita con una mezza dozzina di album tra i più acclamati dell’intera scena estrema è un dato di fatto innegabile e in questa occasione possiamo tranquillamente sbilanciarci per assegnare loro la palma di miglior live act tra quelli animati dalla nera fiamma del black sinfonico. Dopo la solita intro lugubre e maestosa Shagrath e oscura compagnia aprono le danze con la fulminante ‘Lepers Among Us’: la pasta sonora non è perfetta ma efficace (migliore qualche metro dietro al mixer che nelle prime file), ma quello che lascia di stucco è la assoluta fedeltà nell’esecuzione di brani per nulla semplicistici o minimali. Praticamente senza sbavature lo show si fa incandescente quando vengono eseguiti classici come ‘In Death’ s Embrace’ e ‘Indoctrination’. Gli interventi in clean vocals di Vortex sono da brivido e ‘Progenies Of The Great Apocalypse’ si conferma come la migliore delle tracce tratte dal recente album in studio. L’ultima parte del concerto è dedicata quasi esclusivamente ai primi lavori con una splendida ‘Stormblast’ e una immancabile ‘Mourning Palace’ a chiudere tra il tripudio di un pubblico entusiasta come poche altre volte ci è capitato di osservare. Grandi

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