Destruction: Live Report della data di Milano

Sacro e profano, il cupo misticismo del doom unito alla ferocia infernale del thrash di scuola teutonica, tutto in una notte, quella di Lunedì 28 Novembre allo storico (quanto angusto) Rainbow di Milano. La prima delle tre date italiane del tour che vede come doppio headliner due delle più importanti formazioni degli ’80, oggi meravigliosi protagonisti di una ‘seconda giovinezza’ artistica veramente esaltante, in mezzo ad un mare di reunion non sempre convincenti e ‘convinte’: Candlemass e Destruction. A supportare questi ‘finti esordienti’ nella loro seconda fase di carriera, altre due formazioni veramente agli inizi, i finnici Deathchain ed i tedeschi Personal War.

Il traffico milanese è sempre feroce e spietato, ma questa volta, siamo noi a spuntarla, riuscendo ad arrivare appena in tempo per l’inizio dello show dei tedeschi Personal War. Il pubblico, ancora esiguo all’interno del Rainbow di Milano, ci mette un pò a ‘prendere le misure’ di questo poco conosciuto (almeno in Italia) four-piece che naviga a metà tra un classico thrash di scuola europea ed elementi metal-core tipici dell’ondata di nuove band estreme provenienti dalla Scandinavia. Buoni i suoni, ottima l’esecuzione dei pezzi ed anche la presenza scenica dei 4 tedeschi, che si divertono e, alla fine, riescono a smuovere e divertire l’ancora sparuto gruppetto di presenti a colpi di accellerazioni thrash e ruvidità di un hard-core metal dal flavour americano. Poco più di mezz’ora di un soddisfacente concerto: non passeranno alla storia per l’originalità, ma sicuramente il loro mestiere lo sanno fare.

Aumenta un pò il pubblico nel piccolo club milanese e, di certo, aumenta anche la temperatura perchè di scena sono i finnici Deathchain. Da poco tornati sul mercato con il loro secondo lavoro ‘Deathrash Assault’, il quintetto della Finlandia non perde tempo e comincia a riversare sul pubblico tonnelate di note pesantissime scagliate alla massima velocità. Come cita, appunto, il titolo del loro ultimo disco, è questa la ricetta della loro musica: death/thrash violentissimo, che molto deve alla seconda fase di carriera dei Destruction per quel che riguarda velocità e dinamica ritmica ma che, allo stesso tempo, volge uno sguardo verso i maestri del death ‘made in Florida’ per quel che concerne la brutalità. Con queste premesse, è ovvio che sugli scudi vada la sessione ritmica, in particolare Kassara, il batterista fautore di una ferocissima prova di forza, abbellita da un perizia tecnica dia tutto rispetto. Se il singer Rotten non è certo quel che si dice un animale da palcoscenico, vista la sua ‘monumentale’ staticità, sicuramente la sua performance vocale è efficace e spietata, grazie ad un growling aspro e carico di odio, massacrante nello scandire i testi, quanto lo sono le chitarre del duo Corpse/Kuolio nel bombardamento di riff che ha per bersaglio il pubblico. Un perfetto mix tra i succitati Destruction, i Possesed ed Angelcorpse, una presenza scenica asciutta e tesa alla pragmatica ddistruzione. Una band che non delude e che non fa prigionieri e, di certo, con alcuni validi argomenti per farsi ascoltare.

In principio fu la luce…..ma poi scese l’oscurità. Teli neri, croci bianche sul palco, il brusio di un pubblico che è cresciuto in maniera esponeziale nelgi ultimi 20 minuti per attendere il ritorno di una leggenda del metal teatrale, possente e dalle atmosfere ossianiche. Poi un movimento di ombre sul palco, l’esplosione del pubblico e l’inconfondibile sagoma di un monaco con il suo saio, che intona un salmo scandito da riff pesanti come lapidi….’Mirror Mirror’. I Candlemass ritornano per la seconda volta in Italia dopo il primo disco (omonimo) seguito alla loro reunion e lo fanno con un classico di un album classico, ‘Ancient Dreams’. Messiah non proprio al 100% della sua potenza vocale, ma il suo carisma e la classe di musicisti come Leif Edling o Mats Bjorkman riescono a dar vita ad un concerto d’incredibile intensità emotiva e coinvolgimento da parte dei presenti. I suoni sono ottimi e mostrano non solo la bontà di classici da pura estasi mistica come ‘Samarithan’, ‘The Edge Of Heaven’ o ‘Bewitched’, ma anche l’altissima qualità di un come-back totale da parte dei 5 svedesi, con pezzi come ‘Balck Dwarf’, tratto dal nuovo ed omonimo lavoro, fotografia di un combo che è tornato proprio perchè ha da dire ancora molto. Sicuramente, di argomenti di discussione, ne aveva anche il simpatico Messiah, grande comunicatore, che ha parlato in (quasi) italiano con il pubblico per tutto il concerto (ricordiamo che il singer dei Candlemass all’anagrafe è Alfredo Marcolin, figlio di un emigrato di Murano) ringraziando, incitanto e trascinando i presenti in vere e proprie danze da sabba, sull’esecuzione di brani come ‘Demon’s Gate’ tratto dal debutto ‘Epicus…’ e la superba ‘At The Gallows End’, che ha portato il corpulento vocalist italo-svedese a coniare un nuovo termine per esprimere l’esaltazione della potenza di un brano musicale, un indefinibile quanto chiaro (nel concetto) ‘pesante-culo’; non il massimo per la grammatica, ma di sicuro effetto. Un vero show, carico e vibrante di emozioni e qualità musicale: una sfida esaltante per i co-headliner Destruction, che dovranno dimostrarsi all’altezza dei cinque profeti del doom, stasera davvero in stato di grazia.

Se i Candlemass, come dicevamo all’inizio, sono il lato ‘sacrale’ del metal, con i loro ritmi lenti ed imperiosi e le granitiche ed oscure melodie, i Destruction sono l’aspetto selvaggio e ferino della musica heavy, dove rabbia, potenza e spietata, ma chirurgica, ferocia sono da sempre il trade-mark della formazione guidata dal gigantesco Schmier e fautrice del nuovo e devastante ‘Inventor Of Evil’. Proprio dall’ultima release e con la title-track, per la precisione partono i tre thrasher tedeschi per scatenare la furia dei pogatori delle prime file, i quali, senza farsi pregare, cominciano la loro opera distruttiva sui riff sincopati e velocissimi, sparati dalla sei-corde di Mike, la quale risente di suoni non perfetti ad inizio concerto ma che miglioreranno durante la gig del three-piece di Amburgo. Un concerto incentrato su di una scaletta varia e non dedita, per la maggior parte delle track proposte, al nuovo nato in casa Destruction: infatti si passa dai pezzi del passato recente come ‘Thrash ‘Till Death’ o ‘Nailed To The Cross’, tratti dal capolavoro della seconda fase di carriera, ‘The Antichrist’, a pezzi più datati, come la spietata ‘Total Disaster’, direttamente dal mini d’esordio ‘Sentence Of Death’. La band, come è ormai noto, si dimostra micidiale per ciò che concerne precisione ed impatto, grazie anche a Schmier, protagonista di una prestazione vocale da pelle d’oca, ma risente di un sound che, nonostante i già menzionati miglioramenti, penalizzerà un pò la sua prestazione, assieme a quello che, forse, è uno dei piccoli difetti cronici dei Destruction attuali: la mancanza di una seconda chitarra live. Nonostante non si possa gustare a pieno regime la potenza del terzetto europeo, brani storici e sottilmente ironici nella loro ferocia (quanto molti horror-movie degli anni ’80) quali ‘Curse The Gods’ o la song simbolo dei Destruction stessi, ‘Mad Butcher’, mietono vittime nelle prime file, dove infuria una vera e propria bataglia a colpi di mosh scandito dalla doppia cassa del bombardiere Marc Reign. I livelli adrenalici, però, raggiungono il culmine verso la fine, quando Schmier ordina alla sua ‘fanteria pesante’ di inanellare i brani ‘Bestial Invasion’, ‘Eternal Ban’ e la remale-song (solo nel titolo) ‘The Butcher Strikes Back’. C’è ancora tempo, però, per un’ultima e particolare track, tratta dal nuovo lavoro, ma il bassista tedesco ha bisogno della collaborazione di un vecchio amico; pertanto, ecco salire sul palco Messiah Marcolin, stavolta con berretto da baseball ed abiti ‘da civile’, pronto per aiutare, con la sua voce tenorile, Schmier per le vocal del pezzo di chiusura del concerto, ‘The Alliance Of Hellhoundz’, che vede anche su disco il contributo del singer svedese assieme ad altri illustri colleghi (Biff Bifford, Doro Persch, Shagrath etc.). L’atmosfera si riscalda ancora, proprio per l’assalto finale, stavolta guidato da Marcolin, che suggella la fine di un concerto dove, per intensità, hanno prevalso i Candlemass ma dove i Destruction hanno continuato a dimostrare che, anche se non ancora al massimo delle loro reali possibilità live, continuano ad essere tra gli act più impressionanti per impatto. Al di là di tutto, l’ennesima conferma di come siano ancora le band degli Eighties ad essere il principale motore trainante della scena e la fonte ispiratrice per le formazioni emergenti.

Foto di Leonardo Cammi

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