Deftones – Recensione: Deftones

Finalmente nelle vetrine dei negozi spunta il tanto atteso album del quartetto di Sacramento, a tre anni di distanza dal concepimento di quella elegante perla intitolata ‘White Pony’. Anche questa volta i Deftones si spingono oltre, vanno a camminare su territori astuti e inventano qualcosa di nuovo: il cielo si tinge di grigio e nell’atmosfera si respira aria di emozioni, di occasioni perse, di storie che appartengono per lo più all’universo giovanile nel suo essere così spontaneo e ingenuo (‘When Girls Telephone Boys’).

La voce di Chino Moreno supera la soglia dell’immaginabile perché può permettersi di urlare, di essere pacata e di commuovere con la melodia – sempre presente – la quale ben si sposa al particolare suono di chitarre così serrato ma allo stesso tempo piacevolmente dispersivo (‘Hexagram’ ma anche ‘Minerva’). Botte di fisicità sonora vanno a pari passo con momenti di tranquillità apparente: e questo succede in ‘Battle-Axe’, un pezzo stilisticamente accostabile addirittura ad ‘Adrenaline’, anche se fin dalle prime note ci si accorge di quanto la band sia cresciuta. E i Deftones sono talmente cresciuti ed evoluti che ci regalano opachi momenti elettronici à la Massive Attack come in ‘Lucky You’, oppure confini dark come in ‘Anniversary Of An Uninteresting Event’. A differenza di ‘White Pony’, questo disco risulta molto più complesso perché è portatore di uno stile tutto particolare che rende i Deftones una delle formazioni più interessanti del panorama alternativo del Nuovo Millennio. Bentornati.

Voto recensore
8
Etichetta: Maverick / Warner

Anno: 2003

Tracklist:

Hexagram / Needles And Pins / Minerva / Good Morning Beautiful / Deathblow / When Girls Telephone Boys / Battle-Axe / Lucky You / Bloody Cape / Anniversary Of An Uninteresting Event / Moana


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Deftones: Live Report della data di Milano

Un successo annunciato quello dei Deftones, che ricompaiono in Italia a sei mesi di distanza dall’ottima prestazione dell’Indipendent Days. Il Palavobis è discretamente affollato e dopo alcuni ‘problemi tecnici’ riusciamo ad entrare giusto in tempo per assistere all’esibizione dei Linkin Park che ci saremmo risparmiati volentieri (quando si dice la fortuna…). Saltati gli ottimi Taproot a causa di alcuni ritardi nel montaggio dell’attrezzatura, abbiamo avuto le tristi conferme che ci aspettavamo: i Linkin Park non sono altro che un assemblato di tutti gli elementi tipici del nu-metal, senza un minimo di fantasia ed originalità. Uno show esteriormente impeccabile (i ragazzi sanno suonare senza dubbio), ma vuoto, finto e fondamentalmente inutile. Brivido, terrore e raccapriccio. Fortunatamente i Deftones risollevano decisamente il morale a tutti: non è da tutti sparare in apertura pezzi del calibro di ‘(Be Quiet And) Drive’, ‘My Own Summer’ e ‘Feiticeria’ uno dietro l’altro, lasciando il pubblico letteralmente attonito. Chino Moreno come al solito è un folletto inarrestabile ed abile intrattenitore, tanto che riesce a tenere in piedi lo show da solo, mentre la band macina pezzi senza sosta. ‘Knife Party’, ‘7 Words’, e l’immancabile singolo ‘Change’ si susseguono senza lasciare tregua e risultano incredibilmente coinvolgenti ed emozionanti. ‘Emozione’, è proprio questo che distingue i Deftones dalla massa di volgari imitatori: non è l’adesione a certi canoni o la perfezione esecutiva che rende grande uno show (in questo senso i Linkin Park sono stati formalmente superiori alla band del Chino, che ha commesso qualche imperfezione qua e là), ma la capacità di comunicare col proprio pubblico, di trasmettere emozioni appunto – e in questo i Deftones sono dei fenomeni, chi ha assistito all’esecuzione della magnifica ‘Digital Bath’ non può che confermarlo. Ora come ora la band è dotata di una marcia in più rispetto agli altri, si mettano il cuore in pace gli aspiranti al trono.

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