Ho colto l’occasione per fare due chiacchiere con i CyHra, una band che nel nostro paese è parecchio snobbata, ma che all’estero riscuote grande stima e successo. Jake E si è dimostrato di un’umiltà incredibile, raccontando sé stesso senza filtri e andando poi a toccare una serie infinita di argomenti anche extra musicali. Le mie aspettative erano quelle di eseguire il classico lavoro di servizio stampa, in realtà mi sono davvero divertito ed è nata un’atmosfera che si vede raramente in questo ambiente. Per dovere di cronaca quello che leggerete qui sotto è solo una parte della lunga conversazione avvenuta, e contiene solamente gli elementi che ritenevo più opportuni, ma sappiate che di fronte a me ho avuto una persona sincera, interessata al prossimo a cui piace confrontarsi e parlare.
Come stai Jake?
A essere onesti sono davvero molto stanco (ride nda). Abbiamo avuto il Release Party dell’album venerdì scorso ed è stata una notte davvero fantastica. Mi ci sono volute circa due settimane per organizzare e preparare tutto ed è stato un periodo davvero stressante. Poi, quando finalmente è arrivato il grande giorno, è stata un’esplosione di emozioni e mi sono potuto rilassare pensando a quante cose ho dovuto fare. Sfrutterò questa settimana per riprendere le energie e rimettere insieme tutti i piccoli pezzi del puzzle. In più, tra poco meno di un mese, saremo in Finlandia con gli Smash Into Pieces per fare tre date e anche lì sto definendo gli ultimi dettagli.
In Italia purtroppo non avete moltissimo seguito; come presenteresti la tua band al pubblico con questo terzo disco?
Se noi come CyHra non siamo molto seguiti, so che invece i miei vecchi amici negli Amaranthe hanno un certo successo nel vostro Paese. Abbiamo sempre avuto tanta gente durante i nostri concerti.
Quindi tornando alla domanda: ho pubblicato quattro album con gli Amaranthe, dopodiché ho fondato questo nuovo progetto con Jesper (Strömblad) degli In Flames, anche loro sono famosissimi da voi. Di conseguenza, se vi piacciono queste due band, dovete assolutamente ascoltare i CyHra, anche se non usiamo i growl. Ti racconto di come sei anni fa fummo criticati proprio per questa scelta: quando fu rilasciato il primo singolo, “Karma”, dal nostro album di debutto, ci furono un sacco di commenti negativi nelle nostre pagine social. Principalmente perché, essendoci Jesper alla chitarra, non accettavano che io non potessi inserire almeno qualche volta degli screams o growl (ride nda). Però, se a qualche metallaro italiano piace il metal melodico svedese, sono sicuro che gli piacerà la nostra proposta.
Racconta come avete affrontato “The Vertigo Trigger”.
Partiamo dal principio: abbiamo pubblicato “No Halo In Hell” proprio un paio di mesi prima della pandemia e per noi si prospettava un futuro davvero roseo, con tour europei insieme ai Battle Beast e uno con i Delain, oltre a tanta pubblicità. Ma proprio nel mezzo del tour con i Delain ci è arrivata una mail che ci obbligava a tornare a casa per via del Covid-19. Poi ci fu il nulla totale per quasi due anni e abbiamo perso il nostro treno. Oltre a ciò, ero anche senza idee a causa di questo stallo, infatti quando abbiamo deciso di entrare in studio durante la pandemia, mi chiedevo sempre per quale motivo avrei dovuto scrivere qualcosa in questo periodo visto che poi tanto non avrei potuto fare tour. Ho deciso di investire il mio tempo collaborando con la Frontiers Music in Italia per una nuova band chiamata Venus 5, insieme ad Aldo Lonobile (Secret Sphere). Eravamo insieme anche a Stefan Helleblad dei Within Temptation nella composizione dell’album e, una volta concluso, mi sentivo pronto per cominciare “The Vertigo Trigger“. Ero pieno di idee ed era il momento perfetto, in quanto era passato abbastanza tempo da “No Halos In Hell“. Abbiamo finito di registrare più o meno in questo periodo (agosto 2022 nda) e l’album era pronto per essere commercializzato a gennaio. Ma c’era ancora tanta incertezza riguardo i tour europei e gli slot nei festival erano già tutti al completo o in attesa di conferma definitiva. Di conseguenza ci siamo resi conto che non c’era motivo per pubblicarlo a gennaio, l’unica cosa da fare era posticipare tutto e far uscire “Ready To Rumble” come teaser. Nello stesso periodo però siamo riusciti a fare un piccolo tour in Giappone, nove show in dieci giorni, ed è stato incredibile. Arriviamo quindi a oggi, all’uscita del disco, che è stato come quando scoppia un palloncino per via di tutta la tensione e lo stress accumulato. Posso dedicarmi al futuro della band come al prossimo disco, ai prossimi tour, progetti ecc. Tutto il percorso è stato bellissimo, con un plauso particolare per Eugo Valovirta (chitarrista nda) che ha mixato il disco in modo impeccabile.
Da un punto di vista compositivo sembrerebbe molto più radio-friendly rispetto al passato, è stata una scelta per raccogliere una fetta più ampia di ascoltatori o per veicolare al meglio i tuoi testi?
Non direi che cerco di attirare più ascoltatori e per me anche il termine radio è sbagliato perché molte stazione radiofoniche (parla della Svezia nda) sono completamente morte. Forse ho capito cosa intendi: è molto più facile farsi coinvolgere nelle canzoni, non sono complicate né tecniche. CyHra è una band nata per suonare dal vivo, e io voglio che il nostro gruppo cresca fino ad arrivare nelle arene e che la nostra musica si esprima al meglio davanti ad una folla di gente. Quando abbiamo pubblicato il nostro primo album, “Letter To Myself”, del quale sono estremamente fiero per il successo ottenuto, ci siamo accorti in breve tempo in tour che non tutte le canzoni sono adatte ad essere suonate dal vivo. In quel particolare momento ho capito che il mio desiderio è creare musica per coinvolgere tutti i presenti e farli cantare insieme per esempio. Per risponderti al meglio alla tua domanda: non è un più “radio-friendly”, ma è funzionale per l’impatto che voglio io dai nostri concerti. Poi è ovvio che vorrei raccogliere più fan possibili e spero di poterlo fare creando un ambiente simile di album in album.
Sempre rispetto alla stesura dei testi, sei molto introspettivo e affronti tanti aspetti molto delicati. È una cosa che ti risulta facile da fare o fai uno studio approfondito per scegliere le parole migliori?
Quando devo affrontare la stesura dei testi so che devo metterci tanto impegno e tanto cuore. Leggo sempre i testi dei miei colleghi per imparare le mille sfaccettature che riescono a dare con le loro parole. “The Vertigo Trigger” è un album molto particolare per me, un aspetto che non è stato mai messo in luce con i precedenti lavori. Ad esempio, “Letter To Myself” è un album molto personale, ma le liriche sono inerenti all’esperienza vissuta da Jesper, “No Halo In Hell” è rivolto invece a cosa hanno vissuto amici e parenti. In questo caso ho deciso di scavare a fondo nei miei sentimenti e mettermi a nudo cercando di comprendermi. In passato ho sempre avuto pensieri scomodi e negativi, andavano e venivano come le onde del mare, ma durante la pandemia tutti questi mi hanno distrutto come uno tsunami. Costretto in casa ogni giorno a non far nulla, mi sono imposto di cominciare ad analizzarli e scrivere il più possibile riguardo al mio stato d’animo. Quando mi sono messo a rileggere quanto avevo prodotto mi sono reso conto che c’era qualcosa che stavo cercando di dire a me stesso, ed ecco come sono nati i testi per “The Vertigo Trigger“. Voglio aggiungere che in questo caso particolare ho dato molto peso alle parole per cercare di dare il senso giusto a ciò che volevo dire, traducendole in un linguaggio universale per tutte le persone che si metteranno alla lettura dei testi.
In Svezia avete vinto diversi premi in pochissimo tempo, ve lo aspettavate un successo così forte nel vostro paese?
Non solo in Svezia, siamo stati premiati molto anche in Giappone come miglior songwriter, miglior canzone dell’anno e l’album di debutto arrivò tra i primi cinque. Abbiamo anche ricevuto una nomina da Rock Hard in Germania, sempre come miglior album. Non sai mai cosa aspettarti dalla musica perché non è comparabile a nessun’altra cosa: se a me piacciono gli Abba e a te no, chi ha ragione? (ride nda). Sicuramente vincere dei premi è onorevole e ogni volta che ricevo una chiamata con l’annuncio anche di una semplice nomina sono super felice.
Tu e Jesper siete orfani delle vostre creazioni, come avete incanalato la voglia di scrivere insieme visti i differenti stili?
Meglio partire dall’inizio: conosco gli In Flames da metà della mia vita ed è una cosa pazzesca, ma diventai amico della band anni fa, quando ero il tecnico dei fuochi pirotecnici per i loro tour. Siamo sempre rimasti in contatto durante tutto questo tempo e, quando entrambi abbiamo lasciato i nostri rispettivi gruppi, io sono rimasto fermo per un lungo periodo, lui invece ha pubblicato qualcosa con i The Resistance. Una mattina ci siamo sentiti come facevamo di solito e gli ho chiesto se lui fosse disponibile a suonare la chitarra in un mio ipotetico progetto solista. Lui fu felice della mia proposta e in breve ci siamo messi a scrivere qualche canzone, ma la qualità era talmente buona che non era adatta per un semplice solo album. Non sono neanche così sicuro che la nostra musica sia così lontana da quanto fatto da Jesper negli anni, o da quanto fatto io ad esempio, l’unica cosa è che io canto solo in pulito, mentre in passato Jesper ha sempre avuto band col cantato sporco. Se provi a sostituire la mia voce mettendone una in scream o growl molto probabilmente suonerebbe in puro stile In Flames.
Dopo questo terzo appuntamento farete un tour europeo come headliner?
Cazzo si! (traduzione letterale nda) Appena ci saranno locali disponibili (ride nda). Diciamo che siamo nella lista d’attesa per organizzare tutto. Speriamo di farcela, e probabilmente sarà così, nel 2024 e che sia un bel tour da almeno dieci settimane.
Cosa ne pensi dell’attuale situazione economica che imperversa nel mondo della musica?
Non so cosa pensi la gente che non sia all’interno del music business di come sia cambiato questo modo da dopo il Covid e di come sia diventato davvero dura per noi. Durante la pandemia il governo ha supportato tutti coloro che non potevano esercitare il loro lavoro, compreso quello del musicista, ma in Svezia questa sovvenzione valeva per chi, in un anno solare, suonava più nel proprio paese che all’estero. Di conseguenza io e la mia band non potevamo accedere a tali aiuti economici.
C’era poi il problema per le compagnie estere che noleggiano tour che versavano nella stessa situazione, il risultato è stato che mantenere fermi quei bus costava un occhio della testa, così sono stati venduti o demoliti. Adesso siamo nella situazione in cui bisogna ordinarne di nuovi, costano minimo duecentomila euro e per la consegna si possono aspettare fino a un massimo di cinque anni. Le compagnie che prima avevano una flotta di trenta bus ora sono ridotte a dieci, la pandemia è finita, le band sono senza soldi e tutti hanno necessità di fare tour, di conseguenza i prezzi sono aumentati anche del 200%. Stessa sorte per alcuni locali, chi è sopravvissuto chiede un affitto altissimo, altri purtroppo hanno chiuso e non c’è più la stessa disponibilità, per cui ti trovi in una situazione in cui sei in una lista d’attesa lunghissima. I costi del merch sono aumentati a dismisura e tanti fan non hanno idea, dopo tre anni, com’era assistere ai concerti. L’anno scorso ho declinato due offerte per tour in quanto non era economicamente vantaggioso per la band, non si riusciva nemmeno a pagare la crew. Tutto ciò che sapevo del music business è stato spazzato via in pochissimo tempo e devo ricominciare da zero.
Una domanda che mi sorge spontanea: com’è stato vivere in una città come Göteborg durante gli anni dell’esplosione del sound?
Io non sono nato qui (ride nda), ma a 200 km. Certo però che l’eco dei vari In Flames, Dark Tranquillity, At The Gates ecc. era talmente forte che ogni weekend si andava in città a vedere i concerti nei locali storici. Posti che ormai non esistono più, ma tantissimi ragazzi delle scuole non vedevano l’ora di prendere il treno e presentarsi ai concerti. Si parla dell’epoca di “The Gallery”, “Whoracle” album incredibili. Poi a 19 anni mi trasferii in città per motivi di lavoro e riuscii ad entrare nel giro della musica facilmente, fui ben accolto e conobbi subito tutte le varie band, il resto poi è storia.
Ti ringrazio dell’intervista e spero di vederti presto sul palco magari qui in Italia!
Grazie a te dell’invito e spero di passare a trovare tutti voi molto presto!

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