Recensione: Common Destiny

Dopo la fuoriuscita di Bormann i Jaded Heart si sono progressivamente trasformati da hard rock a melodic metal band di puro stampo germanico. Un’evoluzione che con il metal cromato e scintillante “Common Destiny” è ben lontana dall’arrestarsi.

Nulla di male, sia chiaro, ma è probabile che lo zoccolo duro dei fan dell’hard melodico, memori di piccole gemme come “IV” e “Trust” non si ritroveranno ancora una volta a proprio agio con i ritmi squadrati e possenti di una “With You” e ascoltando il duro riff iniziale di “Saints Denied”.

Non di meno ci pare che la band risulti piuttosto convincente in questa sua relativamente nuova veste, non fosse altro perché di fatto la melodia è rimasta in bella evidenza almeno nelle linee vocali e nel gusto espresso nei ritornelli (ma anche in brani più easy come “Run And Hide” e “My Destiny”) e chi ha in qualche modo apprezzato quella che è da sempre la via al hard & heavy mittel-europeo (ci vengono in mente ad esempio gli Axxis o anche gli ultimi Edguy) troverà qualcosa di veramente valido a cui prestare ascolto.

Ognuno dei brani in scaletta si dimostra infatti piuttosto solido e costruito con mestiere, senza andare a cercare una sperimentazione dalla dubbia riuscita nel campo in questione e concentrando le forze sulla potenza delle ritmiche abbinata a ritornelli cantabili e linee armoniche di presa istantanea (“Are We Mental” e “Buried Alive” i brani più riusciti).

Può sembrare una formula di semplice realizzazione, ma la verità è che i Jaded Heart sono musicisti con gli attributi e una qualità di gran lunga sopra la media, fattore questo sposta non di poco i valori in campo.

Senza esagerare in entusiasmi e critica vi diciamo che “Common Day” è una bella uscita consigliata agli amanti del genere, contraddistinta da buone song e da una bella interpretazione ricca di pathos e spontaneità. Un risultato da apprezzare, a prescindere dallo stile scelto.

Riccardo Manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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