Con la rilassatezza e la maturità che ha sempre contraddistinto le sue release da solista, torna Chris Cornell: “Higher Truth” è il primo album dopo la reunion dei Soundgarden, e forse per questo risalta ancora di più la differenza di proposta musicale rispetto alla band di Seattle. Lontane le asperità del rock, Cornell lascia spazio alla propria vena più intimista, con un sound molto asciutto e dal respiro acustico, distante quindi dal bistrattato (in parte a ragione, in parte per semplice pregiudizio) “Scream”, con cui aveva interrotto il proprio cammino in solitario nel 2009. In cabina di regia c’è Brendan O’Brien e non più Timbaland, e questo pure vorrà dire qualcosa.
Il titolo dell’album sembrerebbe rimandare a temi particolarmente impegnativi, ma non sempre è così, e un songwriting delicato si staglia su un fondale caratterizzato da un contagioso ottimismo. Dopo la piuttosto ordinaria “Nearly Forgot My Broken Heart”, il quadro prende vita con i raggi di luce in “Dead Wishes” e “Worried Moon”, dove c’è modo di apprezzare anche la sempre straordinaria capacità vocale di Cornell, capace di tingere anche i passaggi più semplici di sfumature emozionanti. “Before We Disappear” e “Through The Window” hanno orizzonti e respiro più ampi, capaci come sono di riempire spazi infiniti con poche note. In mezzo ad alcuni brani meno ispirati, funzionano pure l’agile “Murderer Of Blue Skies”, la più vivace “Only These Words” e la dolce “Circling”, nella quale risaltano echi dei Beatles, peraltro presenti pure in altri passaggi dell’album.
Decisamente emozionante ed efficace nella prima metà, più altalenante nella seconda, “Higher Truth” è il lavoro forse più semplice e diretto nella carriera solista di Cornell: nato dalla sua esperienza di tour chitarra acustica e voce, è un album destinato a crescere ascolto dopo ascolto e che proprio dal vivo – con il respiro e la compagnia del pubblico – troverà una dimensione ancora più intensa.