Recensione: Atlantis

Abbiamo già parlato in termini più che entusiastici dei Cats In Space, pomp rockers inglesi, nati nel 2015 ed autori, circa due anni fa, di un quasi capolavoro chiamato “Daytrip To Narnia”, che andava a perfezionare un discorso musicale già ben espresso con l’esordio “Too Many Gods”, e con il suo seguito “Scarecrow” del 2017. Mi chiedo ancora come, questi sei musicisti esperti e di grande classe, non siano riusciti a sfondare con questa band che possiede un nome buffo e ridanciano, ma che ha sfornato una lunga serie di canzoni dallo stile nostalgico ma assolutamente stiloso ed impeccabile.

In effetti, nel 2020, a parte i grandi classici ancora in pista, chi avrebbe il coraggio di portare in scena un pomp rock suonato con grinta moderna ma assolutamente radicato nei seventies, e figlio orgoglioso di ELO, Queen, Styx e Supertramp, accompagnato da testi visionari e pittoreschi? Certamente siamo davanti ad un prodotto derivativo ma con le idee molto chiare, e soprattutto, dotato di composizioni grandiose, che stanno assolutamente in piedi da sole, ed anzi esaltano gli amanti di questo genere, che sembra non voler morire mai.

Infatti, i Cats In Space hanno una fanbase piccola ma irriducibile, che attendeva trepidamente il nuovo “Atlantis”, quasi un concept album, sicuramente un disco di transizione e svolta, per l’improvviso addio del meraviglioso cantante Paul Manzi (anche ex Arena, ha cantato in “Transitus” degli Ayreon, ed oggi in forze alla versione europea dei mitici Sweet), un timbro che rendeva la musica ancor più unica, a favore del quasi sconosciuto Damien Edwards, che poteva rivelarsi una incognita spiazzante.

Che dire? Non è facile abituarsi ad una voce del tutto differente dalla precedente, e forse, anche non servita alla perfezione da una produzione che non la posiziona sopra gli strumenti ma la amalgama in un insieme sonoro più organico (insieme a strepitose backing vocals, cori ed un uso sapiente di cori anche femminili), ma “Atlantis” parte piano per poi convincere sempre di più, ascolto dopo ascolto, confermando quanto di buono contenuto nei tre dischi precedenti, con un tocco più immediato ed “americano” in più, che rimanda direttamente ai migliori Boston, che vengono celebrati in opus come “Spaceship Superstar” e nella ruffianissima “Listen To The Radio”. Se il singolo “I Fell Out Of Love With Rock And Roll” è un pianistico colpo al cuore, dove per un istante sembra di vedere far capolino Freddy Mercury che ancheggia sul suo pianoforte bianco, e tutto sembra perfetto. Edwards conquista grazie ad un timbro quasi camaleontico e che offre più varietà sonora rispetto al suo predecessore, ed affronta senza sforzo alcuno anche le asperità epiche ed hardeggianti di “Queen Of The Neverland” ed una “Marionettes” che si nutre di tutto il meglio che il progressive rock ci ha offerto negli ultimi quarant’anni, diventando così il nuovo manifesto musicale dei Cats In Space.

“Atlantis” è un disco ricco e godibilissimo, la sensazione è quella che però la band, con il nuovo cambio al microfono possa fare ancora meglio in futuro e che questo sia soltanto un succulento antipasto. La grande speranza è che i Cats In Space siano ascoltati da tutti gli amanti della buona musica, perché meritano molta più esposizione e successo di quanto non abbiano ora. Ascoltare per credere.

Antonino Blesi

view all posts

Ascolta metal dal 1983, ha 46 anni e non vuole certo smettere. La passione vince su tutto, e sarà anche scontato, ma la buona musica non morirà mai, finchè qualcuno continuerà a parlarne ed a canticchiare un vecchio refrain....

0 Comments Unisciti alla conversazione →


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Login with Facebook:
Accedi