“Miskatonic Graffiti” è senza dubbio uno degli album più sorprendenti di questo 2015. I Casablanca, dopo due album discreti ma non memorabili, al terzo appuntamento compiono un notevole salto in avanti, osando con un concept tanto debitore alla mitologia di Lovecraft, quanto alla figura di Ziggy Stardust e in generale all’immaginario 80’s, soprattutto cinematografico, a cavallo tra serio e faceto, tra horror e commedia. Ne abbiamo parlato con Anders Ljung, The Phantom nel concept della storia, nel concreto voce e autore della band. (Purtroppo l’intervista è stata funestata da problemi di connessione, abbiamo cercato di riunire i diversi brandelli di conversazione)
Ciao Anders, prima di tutto grazie dell’intervista. Penso che “Miskatonic Graffiti” sia in assoluto uno dei migliori album di questo 2015.
Ti ringrazio molto. Siamo veramente orgogliosi di questo nuovo lavoro. Chiaramente quando si fanno delle cose un po’ diverse, c’è sempre il rischio che non vengano apprezzate o che vengano ritenute spazzatura. E’ bello sentire queste parole.
Prima di tutto iniziamo dal concept dell’album. So che è abbastanza complesso, ma puoi riassumerlo per i nostri lettori?
Fondamentalmente abbiamo preso diversi elementi in prestito dagli scritti di Lovecraft e da tutta la mitologia di Cthulhu, ma li abbiamo un po’ stravolti, aggiungendo degli elementi originali. Ad esempio abbiamo ipotizzato che gli umani fossero presenti sulla terra prima dei “Grandi Antichi”. Quello che abbiamo provato a raccontare è la storia di una rock band che cerca di tornare sulla terra da un posto funestato dal terrore per i Grandi Antichi.
Quello che puoi sentire in “Miskatonic Graffiti” è solo la prima parte della storia. Poi ci saranno il secondo e il terzo capitolo. La storia potrà coprire altri due album, questo è il piano per completare il racconto. Non siamo sicuri che i tre capitoli usciranno uno di seguito all’altro; forse in mezzo ci sarà un album “normale” dei Casablanca. Vedremo che succederà.
“Miskatonic Graffiti” è un chiaramente un bel passo in avanti nella vostra discografia, dopo un album come “Riding The Black Swan”. Come siete riusciti in questa evoluzione?
Fondamentalmente avevamo più tempo. Gli impegni dei vari membri della band, soprattutto di Ryan (Roxie) non ci hanno permesso di andare in tour dopo “Riding The Black Swan”, quindi ci siamo chiesti: “come possiamo impiegare il tempo?”. Chiaramente ci siamo messi a scrivere, arrangiare e creare nuova musica.
Avevamo quindici brani pronti e nessuno suonava simile l’uno con l’altro: era perfetto per raccontare una storia. Avevo questa storia pronta dagli anni ’80. Non sapevo se sarebbe diventata un libro, un album, un film, ma a questo punto ce n’era la possibilità.
Parlando dello stile dell’album, sicuramente è più variegato rispetto ai primi due album dei Casablanca. Si possono trovare più elementi metal, ma anche più elementi legati al mondo della rock opera e del musical. Cosa puoi dirmi di questo cambio di stile?
E’ stata solamente una questione di creatività. Dopo due album con uno stile abbastanza definito, abbiamo voluto dare sfogo alla nostra creatività. Per raccontare al meglio la storia avevamo bisogno di diversi stili e quindi abbiamo deciso di spingere l’acceleratore sul prog, sul rock’n’roll, sul metal e su tutto quello che ci passasse per la testa. Penso che ce ne sia per tutti. E penso che anche i fan dei primi due album possano trovare dei brani in linea con quei lavori.
Penso che la parte più interessante dell’album sia composto dalla tripletta “Enter The Mountains”, “My Shadow Out Of Time” e “Exit The Mountains”, tre brani che sembrano quasi una suite spezzata in tre momenti. Da dove arriva questa vena epica e abbastanza inedita?
Fondamentalmente viene dalla nostra collezione di dischi, soprattutto dal nostro amore per il vecchio progressive rock, degli anni 60 e anni 70. E’ la parte che è piaciuta di più anche a noi. Nelle prossime parti del concept probabilmente ce ne sarà anche di più, ci saranno un numero maggiore di brani più lenti e sognanti. Ovviamente non mancheranno anche momenti più veloci, perché il secondo capitolo parla della caccia ma soprattutto dell’essere cacciati. Ci sarà questa alternanza tra brani lenti e sognanti e brani molto veloci e potenti.
L’album sembra la colonna sonora perfetta per uno di quei magnifici b-movie anni ’80, un po’ horror, un po’ fantasy. Ci sono dei film a cui vi siete particolarmente ispirati?
In realtà ce ne sono tantissimi. La trama della fuga dalla piccola città è uno dei temi centrali di molti film. Alcune atmosfere secondo noi rimandano molto a Twin Peaks. Proveniamo tutti da piccole città, quindi probabilmente siamo stati influenzati anche da questo e lo abbiamo riportato nei testi e nella musica.
L’idea è quella di proporre anche dal vivo qualcosa di molto scenografico e legato alla dimensione musical. Durante il prossimo tour, non sarà un Casablanca in tour, ma piuttosto un Miskatonic Graffiti performed by Casablanca. Vogliamo suonare tutto l’album, dall’inizio alla fine e, nelle location che lo permetteranno, unire la performance musicale a una performance visuale d’impatto; una sorta di musical.
Da “Apocalyptic Youth” a “Miskatonic Graffiti” tutto sembra cambiato nei Casablanca. Dallo stile musicale, alle tematiche dei testi, ma anche il vostro look. Qual è il collegamento tra quei Casablanca e gli attuali?
Il collegamento è il “sogno”. Nel primo album, l’idea era quella di diventare o voler rappresentare una di quelle grandi band glam degli anni ’70: Cheap Trick, April Wine, Kiss, Blue Oyster Cult, Angels e via dicendo. Volevamo fare un album che rimandasse proprio a quegli anni, sognando di essere in quel periodo, di far parte di quel movimento, riprendendone stile musicale e costumi, perché ora quelle band non ci sono più o per lo meno, non come erano in quegli anni. Il nuovo album invece riguarda il sogno di poter essere creativi, non aver vincoli e lavorare sulla propria creatività ogni giorno, giorno dopo giorno. La sfida non era tanto quella di scrivere la nostra musica: nei Casablanca è sempre stato abbastanza facile scrivere nuova musica. La vera sfida era arrangiare nuova musica, lavorare su 100 brani contemporaneamente aprendo le porte della creatività. E’ sempre stato il nostro sogno lavorare su un album come questo e penso che sia proprio il collegamento con il nostro primo album.
Ho visto il video di “Closer” e ho notato che indossi una strana maschera composta di catene. E’ qualcosa legato al personaggio e al concept o invece qualcosa di più personale?
Quello è “The Phantom”, il personaggio cruciale della storia. E’ un po’ il nostro Ziggy Stardust.
Avete già qualche piano per quanto riguarda il tour a supporto di “Miskatonic Graffiti”?
Certamente. Vogliamo suonare il più possibile, al momento è la nostra priorità assoluta. Inizieremo a dicembre ma poi il tour si svolgerà per tutto il 2016. Sicuramente staremo in giro per almeno sei mesi, ma speriamo si prolunghi per un intero anno. Vogliamo veramente farlo perché in realtà non siamo mai andati in tour per supportare i nostri primi due album: solo qualche data qua e la, ma niente di continuativo. Suoneremo sicuramente tutto il nuovo album e poi prenderemo il meglio dei primi due.
Ok Anders, questa era la mia ultima domanda. Puoi concludere l’intervista con un messaggio per i vostri fan italiani!
Ci vediamo nel 2016. Spero tanto di poter suonare anche nel Sud Italia, non sono mai sceso oltre Roma e non vedo l’ora di visitare quei posti. Ci vediamo durante il prossimo anno!