Recensione: Dust To Gold

A qualche anno di distanza dall’ultima uscita, intitolata Storm Of Blades” (la recensione) e con un nuovo contratto discografico dopo avere chiuso il sodalizio con la Nuclear Blast, gli svedesi Bullet non cambiano sostanzialmente nemmeno con questa uscita il loro marchio di fabbrica. Una manciata di brani fulminei e rapidi come proiettili, nessuno dei quali supera i quattro minuti di durata, indirizzati con forza su una serie di riff corposi e diretti, nonchè sulla caterva di acuti che il cantante Hell Hofer non manca di dispensare a tutto spiano, sono alcuni dei tratti distintivi da sempre del quintetto svedese. Anche stavolta, quindi c’è solo l’imbarazzo della scelta fra le chitarre rotolanti della title track, l’esplosione iniziale di “Speed And Attack” e quelle di “Hollow Grounds” e i ritmi ruggenti di “Highway Love“. Nessun minimo accenno a qualche ammorbidimento nel ritmo dei brani, figuriamoci poi immaginarci qualcosa di simile a una ballad, ma anzi ritmi serrati e testi che parlano di motori, autostrade e poco altro, come ci ricordano “Fuel The Fire” e “Wildfire” (vabbè, non pretendiamo poi che ci siano titoli tanto originali…).
Tutto confermato, quindi, sia per quanto riguarda lo stile dei brani che per l’atteggiamento disimpegnato e per niente serio con cui i Bullet si pongono volutamente di fronte al pubblico. C’è tanta velocità, non mancano le chitarre sparate al massimo, con una manciata di cori a condire il tutto, e soprattutto nessuna pretesa di essere innovativi o impegnati ma, nonostante questo, i Bullet attirano l’attenzione e riescono a non stancare mai. Merito sicuramente di un album dalla durata molto breve, che quindi non ha materialmente il tempo di far annoiare, della loro assoluta padronanza del genere e del loro atteggiamento lontano anni luce dalla benchè minima parvenza di serietà. “Dust To Gold” è un disco di totale evasione, che non riserva nessuna sorpresa ma che proprio per questo, specie se si conosce la precedente discografia della band, è una piacevole conferma.

Anna Minguzzi

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E' mancina e proviene da una famiglia a maggioranza di mancini. Ha scritto le sue prime recensioni a dodici anni durante un interminabile viaggio in treno e da allora non ha quasi mai smesso. Quando non scrive o non fa fotografie legge, va al cinema, canta, va in bicicletta, guarda telefilm, mangia Pringles, beve the e di tanto in tanto dorme. Adora i Dream Theater, anche se a volte ne parla male.

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