Recensione: Black’n’roll

Pare che i musicisti del giro death-black quando non abbiano di che divertirsi con croci rovesciate e sacrifici umani, passino al buon vecchio hard rock’n’roll, imbastardendolo immancabilmente con la psichedelia e il suono fuzz dei Blue Cheer. “Black’n’roll” dicono i Black River, ma in realtà è normalissimo hard-rock-garage stonerizzato, cantato con voce roca (molto ispirata a Danzig!) e basato su riff vecchi come la chitarra elettrica. L’unico dato curioso è che il processo descritto appena sopra di solito avviene in Svezia, dove è probabile che ogni musicista abbia almeno tre/quattro band, ma i Black River sono invece polacchi e per la precisione membri di Behemoth, Vader e Rootwater. Il disco è sicuramente divertente e sostenuto da un bel tiro, con tanto di svisate e ritmi punkeggianti (la title track e la curiosa cover medley tra Sex Pistols e Rolling Stones “Jumping Queeny Flash”), ma alla fine non è in grado di aggiungere una sola piccola nota ai migliaia di prodotti simili usciti negli ultimi vent’anni. A chi ama in modo incondizionato Nashvile Pussy, Orange Goblin, Alabama Thunderpussy, Spiritual Beggars, Zeke, etc… risulteranno assolutamente piacevoli e potrebbe anche decidere di fare proprio il disco in questione. Di certo rinunciarvi non farà pentire nessuno della decisione. Ordinaria amministrazione con una punta di mestiere in più.

Riccardo Manazza

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Incapace di vivere lontano dalla musica per più di qualche ora è il “vecchio” della compagnia. In redazione fin dal 2000 ha passato più o meno tutta la sua vita ad ascoltare metal, cominciando negli anni ottanta e scoprendo solo di recente di essere tanto fuori moda da essere definito old school. Il commento più comune alle sue idee musicali è “sei il solito metallaro del cxxxo”, ma d'altronde quando si nasce in piena notte durante una tempesta di fulmini, il destino appare segnato sin dai primi minuti di vita. Tra i quesiti esistenziali che lo affliggono i più comuni sono il chiedersi il perché le band che non sanno scrivere canzoni si ostinino ad autodefinirsi prog o avant-qualcosa, e il come sia possibile che non sia ancora stato creato un culto ufficiale dei Mercyful Fate.

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