Black Star Riders – Recensione: Wrong Side Of Paradise

Sia chiaro: non è che io una recensione dei Black Star Riders la prenda, come dire, alla leggera. Ricky “Richard Desmond” Warwick ed i suoi Almighty mi hanno accompagnato con la loro musica in anni indimenticabili, nel bene e nel male, e nei confronti di questo artista mi rimane una sorta di debito artistico, ed umano, che mi fa seguire con grande interesse tutte le sue nuove avventure. Sanguigno e spontaneo come le sue origini nordirlandesi anticipano, Warwick ha lottato con il coltello tra i denti per dare una dignitosa continuità ai bei tempi della sua band scozzese: messi da parte un paio di album trascurabili con una formazione rimaneggiata ed un altrettanto dimenticabile disco con i (sic), egli ha posto le fondamenta per un’onesta carriera solista ed eroicamente supportato i Def Leppard dell’amico Joe Elliott ed i Therapy? di Andy Cairns armato solo di voce e chitarra, un’immagine di straordinaria forza e personalità che racconta tanto dell’uomo e dell’artista. La vera, grande occasione di riscatto è però arrivata con i Black Star Riders, un progetto che – almeno nelle premesse dei membri originali Scott Gorham e Brian Downey – si proponeva di scrivere un nuovo ed ufficioso capitolo della storia dei Thin Lizzy. La band americana ha, a partire dal 2013, dato alle stampe quattro dischi di buona intensità, pubblicati da una major come Nuclear Blast e sempre tenuti in considerazione anche sulle nostre pagine: “All Hell Breaks Loose” (2013) era un acquisto obbligato per tutti gli appassionati di hard rock, nonché il disco che i fan dei Thin Lizzy aspettavano da 30 anni, “The Killer Instinct” (2015) conteneva e dimostrava una incontenibile voglia di produrre rock genuino e di classe, “Heavy Fire” (2017) era il mio preferito e faceva emergere ancora una volta la classe nell’esecuzione e la maestria compositiva di questi navigati rocker ed “Another State Of Grace” era sì un lavoro in flessione, ma che nonostante tutto aveva saputo porsi certamente al livello dei precedenti.

Anche in questo caso, però, i cambiamenti intervenuti negli anni sono stati tanti e tali per cui, con la pubblicazione di questo nuovo “Wrong Side Of Paradise”, Ricky si è ritrovato l’unico membro originale in formazione (Gorham, ultimo superstite, ha lasciato a Settembre del 2021 per dedicarsi esclusivamente ai Thin Lizzy), una circostanza che di fatto taglia ogni precedente legame e fa dei Black Star Riders una realtà artisticamente indipendente alla corte di una nuova casa discografica. Per chi ha seguito questo artista negli anni, il nuovo album rappresenta un’occasione che sa di opportunità, che è poi quella di ritrovare un compositore maggiormente libero di esprimersi, che certo non rinverdirà i fasti metallari degli Almighty (che in ogni caso hanno sibillini annunciato – con una nota dello stesso Warwick – una qualche novità per la fine di Febbraio) ma che forse saprà ritrovare quella freschezza, e magari anche quella rabbia grintosa, che ha sempre caratterizzato i suoi testi e la sua incorruttibile attitudine. Questo nuovo lavoro, al quale tocca anche l’onere di celebrare il decennale della band, si apre all’insegna di una title-track improntata, se non proprio all’esplosività, almeno ad un’apprezzabile immediatezza ed a quel concetto di poco ma buono che sembra fatto apposta per riprendere le fila di un vecchio discorso, ancora tutto da scrivere.

Grazie a questa impostazione back-to-basicsWrong Side Of Paradise” dispensa quei piccoli piaceri che incontrano generalmente il favore dei classic rockers: una solida linea di basso (“Hustle”), un coro avvolgente (“Catch Yourself On”), un testo particolarmente azzeccato, un ritornello motivazionale perfetto per il lunedì mattina (“Don’t Let The World”) non bastano a fare di questo disco un prodotto ambizioso, ma diciamo che rendono più coinvolgente e piacevole un lavoro che ha evidentemente il compito di traghettare – ancora una volta, sfortunatamente – il quartetto verso una nuova fase. Sia dal punto di vista ritmico, compositivo e della produzione questo album non raggiunge i livelli dei precedenti, collocandosi più o meno sulla consistenza di “Killer Instinct”, uscito otto anni fa. Un disco che all’epoca aveva rappresentato un ottimo trampolino di lancio verso i relativi fasti di “Heavy Fire”, ma il cui rimando ricorda un po’ uno di quei cartoncini arancioni degli Imprevisti grazie ai quali ti ritrovavi, pronto ad essere spennato da un amico assetato di banconote (del Monopoli), con il segnalino a forma di pera su Parco della Vittoria. “Wrong Side Of Paradise” ha proprio il sapore di uno di quei cartoncini, perché proprio quando le cose sembravano essersi messe per il verso giusto per i Black Star Riders, ecco il Covid, l’abbandono di Scott Gorham ed infine un disco tra le mani che spara un po’ a caso (“Riding Out The Storm”), caratterizzato da una produzione meno elegante e che raramente dimostra di crederci fino in fondo. E così, dopo una volenterosa full immersion che mi ha portato a riascoltare l’intera discografia della band americana prima di addentrarmi nei meandri di questa nuova sfida, mi ritrovo con una manciata di canzoni tendenti al modesto (“Pay Dirt”), perfette b-side (“Crazy Horses”) e le solite ballad nordirlandesi che Ricky produce a stampo (“Burning Rome”), volendo anche in versione politicizzata (“Green And Troubled Land”): tutti ingredienti local e complessivamente inadeguati che molto hanno a che fare con un percorso travagliato fatto di inevitabili alti e bassi (“Cut’n’Run”) ma nulla da spartire con le aspettative dei fan che dall’ex marito di Vanessa Warwick (ricordate il mitico Headbangers’ Ball su MTV?) hanno imparato ad aspettarsi ben altro, sempre incrociando le dita e sperando negli influssi di una buona ed imprevedibile stella.

Già, maledette aspettative. Che poi sai cosa, alla fine non sono nemmeno sicuro che un fan degli Almighty, e del Ricky Warwick della prima/seconda ora, sia la penna più giusta per giudicare un disco dal quale, nonostante l’acqua e le note passate sotto i ponti, vorresti ancora un po’ di quella verve, di quel senso e di quel nervo anni novanta. E questo perché chiunque abbia l’opportunità di vedere questo moderno menestrello all’opera, magari assistendo ad uno dei suoi concerti privati su StageIt, non può non rimanere conquistato dalla passione e dall’energia che il ragazzo dai capelli rossi trapiantato prima in Scozia, e poi a Los Angeles, è ancora in grado di sprigionare con la sua voce disillusa, inquieta, inconfondibile. Ora che i Black Star Riders sono diventati cosa sua, e pur tenendo conto della diversità di attitudine, di pubblico e di contesto, saranno in tanti a sperare in una virata che faccia dei prossimi dischi non solo dei vettori di buona musica, ma anche di quello spirito magico capace di connetterla direttamente al cuore, e che Warwick non può avere smarrito.

Etichetta: Earache Records

Anno: 2023

Tracklist: 01. Wrong Side Of Paradise 02. Hustle 03. Better Than Saturday Night 04. Riding Out The Storm 05. Pay Dirt 06. Catch Yourself On 07. Crazy Horses 08. Burning Rome 09. Don’t Let The World 10. Green And Troubled Land 11. This Life Will Be The Death Of Me
Sito Web: facebook.com/BlackStarRidersOfficial

Marco Soprani

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Folgorato in tenera età dalle note ruvide di Rock'n'Roll dei Motorhead (1987), Marco ama fare & imparare: batterista/compositore di incompresa grandezza ed efficace comunicatore, ha venduto case, lavorato in un sindacato, scritto dialoghi per una skill di cucina e preso una laurea. Sfuggente ed allo stesso tempo bisognoso di attenzioni come certi gatti, è un romagnolo-aspirante-scandinavo appassionato di storytelling, efficienza ed interfacce, assai determinato a non decidere mai - nemmeno se privato delle sue collezioni di videogiochi e cuffie HiFi - cosa farà da grande.

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