Black in Mind, capitolo primo! Parte sabato 8 Ottobre la due giorni metal che vedrà 9 formazioni di due diversi filoni del genere heavy, esibirsi nell’area all’aperto dal suggestivo nome di Fabbrica del Vapore, nella zona centrale di Milano e che si svolgerà in contemporanea alla manifestazione jazzistica e con seminari musicali ‘Nuvole di Jazz’.
A dare inizio, alle 18 circa, alla prima giornata dedicata a dark, gothic, glam e crossover, sono appunto i Skein (chiamati a sostituire i defezionari Kalidon), formazione locale dedita a cover dei principali esponenti dell’heavy alternativo e del crossover. ‘Toxicity’, ‘Territorial Pissing’ e ‘A bullet In Your Head’ sono alcuni dei brani eseguiti dal combo milanese, che dimostrano di avere un ottimo comparto strumentale ed un buon vocalist. Ovviamente, trattandosi solo di cover, il giudizio sulla band rimane sospeso e limitato solo ad un aspetto puramente esecutivo; sta di fatto, però, che la qualità c’è. Si attende ora di vederli alle prese con proprie composizioni.
L’atmosfera non è proprio quella ideale, visto il tiepido ma piacevole sole autunnale, per il quintetto meneghino dei Labyrinthus Noctis, fautori di una singolare quanto affascinante mistura di doom metal ed atmosfere gothic, con una forte impronta epica nelle linee vocali della singer Elisabeth (front-woman della classic-gothic metal band dei Lunae) e nell’uso di certe parti di tastiera ad opera di Ark, le quali ricordano alcuni episodi degli americani Warlord. L’impatto scenico, nonostante l’orario non certo ‘crepuscolare’, è sicuramente notevole, come di forte effetto emotivo è la bellissima ‘At Dawn No Fireflies Survive’, dal possente incedere doom che viene innalzato dalla bella prestazione vocale di Elisabeth. Tutti i 45 minuti circa dell’esibizione dei L.N. sono incentrati sui brani che hanno costituito il debutto ‘Forever Fallen Darkness’, come ‘Cemetery Dreams’, dove si alternano i momenti dilatati quasi prog anni ’70 (forse queste parti l’unico punto non forte del five-piece), a quelli più possenti e romanticamente oscuri tipici di formazioni come i My Dying Bride. Notevole performance artistica, anche a livello emotivo e scenico, penalizzata però dall’orario e dal pubblico ancora esiguo.
Dopo il break pre-serale della manifestazione jazzistica ‘Nuvole di Jazz’, il Black In Mind riprende le redini della serata, con i due gruppi clue di questo primo appuntamento.
Decadenti, dark e dotati di un’inquietante ma pregevole senso dell’eleganza dandy, fanno il loro ingresso sul palco del Black In Mind i milanesi Opera Noire. Agghindati con costumi del ‘700 veneziano ed accompagnati da due danzatrici mascherate, sempre in linea con lo stile settecentesco della band, il quintetto capitanato dal front-man William e con alle spalle il fresco debutto discografico ‘Bad Intent’, colpisce subito un pubblico nutrito ed estremamente partecipe con il proprio heavy-dark rock che fa riferimenti a formazioni come Type O Negative, Umbra Et Imago e tanto, tanto dark rock anni ’80. Al centro di tutto, sicuramente, la figura di William, la cui voce cavernosa e oscura ricorda più di una volta Pete Steele dei già menzionati T.O.N. Coreografie manieristiche e molto curate. fanno da perfetta cornice, assieme all’entusiasmo dei presenti, all’esecuzione di ‘So, I Understand’ o ‘Glitter-Painted Nails’, brani dall’atmosfera avvolgente, con quel tocco di perversa ed elegante decadenza che sono i punti di forza dello show targato Opera Noire, perfetto dal punto di vista esecutivo, anche se i brani stessi non spiccano per grande originalità nella media offerta da questo panorama musicale. Gran concerto, però, salutato in chiusura da vere e proprie ovazioni da parte dei presenti.
Ultima band per la prima giornata del Black In Mind ed è ancora l’oscurità romantica a dominare, ma questa volta con un’energia rock più possente, ruvida e spavalda. Sono i Bloody Mary ad accendere il pubblico presente, anche per il solo fatto di essere di ritorno sui palchi italiani dopo più di un anno ed alcune date all’estero molto soddisfacenti, soprattutto in Inghilterra. A partire dal look, per dimostrarlo anche sotto il profilo musicale, i Bloody Mary mostrano un approccio diverso al dark/gothic rispetto ai concittadini Opera Noire: più potenza, ritmi più dinamici e chitarre più groovy, con puntate anche verso qualcosa di glam e street rock. La voce dello stesso singer Aldebran, anche se viaggia sui tipici toni bassi che caratterizzano il genere, in più occasioni dimostra di saper adottare timbriche diverse, a volte più taglienti, altre più acute ed aggressive, in grado di seguire il mood di brani come ‘Icy Blue’ o ‘Learning To Fly’. L’hard-rock glam dalle tinte un po’ oscure e romantiche dei Bloody Mary sprigiona tutta la sua energia grazie anche ad un’esecuzione strumentale di prim’ordine, che ha le sue basi in una sezione ritmica (Costa/Russo) quadrata, precisa ed essenziale, chitarre robuste(Stranieri/Montagnani) ma, allo stesso tempo, che sanno tessere trame con quel tocco di malinconico e dolce che è la caratteristica peculiare della band, la quale si ripresenta in forma smagliante di fronte al pubblico di casa. Si chiude la prima giornata del B.I.M.; l’appuntamento è a domani per la giornata dedicata al metal estremo!
Domenica 9 Ottobre, secondo ed ultimo atto del Black In Mind Festival, con la giornata dedicata al thrash e death metal. Dopo la parentesi pomeridiana dedicata al jazz, alle ore 19 hanno inizio le ostilità sonore.
Rompe gli indugi il three-piece degli Hysterya, formazione che, sia nella line-up che nel suono, ricorda moltissimo i fantastici svizzeri Coroner. Suoni di chitarra secchi ma non troppo, ci mostrano un combo assolutamente padrone delle proprie (elevate) capacità tecniche ed in possesso di un gusto compositivo di notevole fattura e personalità: oltre ai Coroner, tra le influenze del terzetto milanese, fanno capolino Deathraw, Annihiltor ed anche elementi del death metal più tecnico come Morbid Angel (dei quali coverizzano ‘Rapture’) e Death. Band interessantissima e dotata, che deve solo direzionare la sua energia sul fronte live per darci ottime sorprese in futuro.
Ancora virtuosa violenza sul palco del B.I.M.; stavolta è il four-piece milanese degli Ira, con all’attivo due demo, ad aggredire in maniera funambolica una platea purtroppo ancora molto scarna. Le note di ‘Duried Dreams’ dei Carcass sono un magnifico antipasto, che il pubblico dimostra di gradire molto, vista anche la splendida esecuzione offerta dalla formazione di casa. Ma a sorprendere è soprattutto la grandissima qualità compositiva, oltre che tecnica di questo four-piece, che snocciola uno dopo l’altro, con ferocia e sicurezza brani come ‘Shattered Soul’ o ‘The Syndrome Of Decline’, facenti parte dell’ultimo demo, fresco di stampa, ‘Chaotic Regression’. Death, Atheist degli esordi, Morbid Angel, Nocturnus, Dark Angel ed anche qualcosa del thrash tecnico e variegato dei Forbidden, sono metri di paragone per un quadro musicale ed una performance esaltante, che si chiude con la cover dell’immane ‘Overactive Immagination’ dei Death. Da non perdere di vista!
Unica band straniera della serata e composta da nomi non certo sconosciuti in ambito thrash, i tedeschi Jesus Chrysler Superskunk, con il loro nome goliardico, non devono però trarre in inganno! Il quintetto teutone, che vede dietro le pelli il treno umano Sven Vormann, ex-Destruction di due tra i più importanti album realizzati dalla band capitanata da Schmier (‘All Hell Breaks Loose’ e ‘The Antichrist’), assalta subito l’audience con il suo thrash essenziale e potente, venato da alcuni riferimenti metal/core. Il pogo si scatena e difficile è resistere alla furia thrash che tanto ricorda Destruction (ovviamente) e Kreator, impreziosita da un sound perfetto e dal drumming devastante del ‘serafico’ Sven. Quasi un’ora per il combo tedesco, che presenta i pezzi della sua release di debutto ‘The Loudest No!’ e assesta un durissimo colpo ai presenti che gradiscono la furia dei cinque thrasher mitteleuropei. Sudore, furia e sudore…ma è solo l’inizio!
Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare! Una lezione, quella di John Belusci, che i milanesi Irreverence hanno imparato perfettamente! Essenziali, massicci, spavaldi e feroci, i quattro meneghini non perdono tempo e, in linea con l’essenzialità del loro thrash old-style, scaricano sul pubblico i mattoni che costituiscono il muro di ferocia del loro debutto ‘War Was Won’. Non c’è un attimo di tregua, i brani si susseguono uno dietro l’altro, presentati dalla voce grezza e allenata al sollevamento di sommosse del cantante/chitarrista Ricky, frontman supportato da una formazione sì priva di fronzoli e tecnicismi, ma assolutamente rodata e compatta, in grado di sprigionare una tale energia da portare molti esperti pogatori ad effettuare, a più riprese, assalti al palco e stage-diving. 60 minuti di puro thrash-party, dove il mosh regna sovrano grazie alla quadratura di una band estremamente concreta e viscerale che ora, non aspetta di scatenare un altro disastro naturale, ligi all’insegnamento Mothorhead ‘…another beer, another, town, another girl, another gig!’.
Siamo giunti così in chiusura della manifestazione e a fare da headliner per questa serata dedicata all’extreme metal, c’è una delle formazioni italiane più importanti della scena metal attuale, sul punto di sfornare un nuovo capitolo della loro discografia: i Node. Dopo l’ottimo ‘Das Kapital’, la band ha deciso di estremizzare ancora di più il suo thrash/death e lo mostra subito al pubblico proponendo alcuni brani dalla nuova release ancora senza titolo. ‘Blast Beat Propaganda’ si abbatte senza pietà sulle teste e nelle orecchie del pubblico, che rimane annichilito di fronte a tanta ferocia e brutalità. Il four-piece lombardo, che ha nella coppia di chitarre e voci Daniel Botti/Gary D’Eramo il suo reparto d’artiglieria, mostra una precisione tecnica ed una coesione a dir poco disarmante, mentre spara a raffica sui presenti brani classici come ‘Jerry Mander’, ‘Das Kapital’ e ‘Sacristan’ Scorn Towards Water’. Il piccolo teatro-tenda allestito nella zona all’aperto della ‘Fabbrica del Vapore’, per garantire una protezione al palco in caso di pioggia, si trasforma in un vero e proprio mosh-pit, con assalti al palco, stage-diving e pogo di proporzioni belliche, incitato dal growling tagliente di Botti e dall’howling iracondo di D’Eramo, il tutto scandito dal drumming assassino e contorto (soprattutto nel nuovo materiale) di Marco Di Salvia. Come degna chiusura di questa giornata, del Black In Mind e, soprattutto, della prova di ferocia e rabbia dei Node, il passato ed il futuro della band, un uno-due che non lascia scampo ai presenti: ‘As God’s Will’ dal primo full-length ‘Tecnical Crime’ e una track della nuova release, la spietata ‘As God Kills’. Dopo solo macerie.
Si conclude così il Black In Mind Festival, una vetrina sul metal nazionale che ha mostrato una scena fatta di molte realtà di valore e di promesse da tenere assolutamente d’occhio e che offrono un terreno fertile per un costante sviluppo dell’ heavy metal tricolore!
Le foto sono di Federica Lunghi e Andrea Sacchi