Come una fenice. Come la mitologia insegna. I Black Country Communion ritornano dopo diversi anni di stop e tagliano il traguardo del tanto atteso quarto album. Glenn, Dereke, Joe e Jason, ancora una volta insieme. E proprio sin dall’artwork “IV” raccoglie le prime sensazioni del “ritorno”: una fenice fiammeggiante, che risorge dalle ceneri e spiega le proprie ali verso l’infinito.
Ed è subito a tinte Zeppelin l’attacco dei BCC, con un riff “made in Bonamassa” dal fortissimo “sapore” blues chiamato “Collide”. Suono rotondo, caldo, ed un Glenn Hughes leggermente filtrato che fa esplodere le corde vocale in una canzone dai toni epici. Decisamente coinvolgente “Over My Head”, che con il suo ritornello si incastra perfettamente all’interno di una canzone dal fortissimo appeal “commerciale”. Da applausi il solo di Bonamassa che regala davvero più di un brivido.
Discorso completamente diverso per “The Last Song For My Resting Place”, canzone scritta per intero da Joe Bonamassa e cantata dallo stesso chitarrista. Toni celtici, emozioni rock e più di un ricordo dedicato alla tragedia del Titanic. Ispirata alla storia di Wallace Hartley (violinista del tragico transatlantico che morì suonando), è una canzone coraggiosa, che miscela sapientemente diversi umori, ma che lascia scorrere nelle note una grande emozione nell’immaginare una storia così drammatica e coraggiosa.
Con “Sway” si ritorna più sui territori cari a Glenn Hughes, supportato da un Derek Sherinian in stato di grazia, l’uomo di Cannock a trascinare una canzone che Jason Bonham accompagna con semplicità e potenza. Una canzone rock. Pura e semplice. “The Cove” invece è uno dei gioielli del disco. Hard blues da antologia, un po’ “Mistreated” (vi devo proprio ricordare la band autrice? Nda.), che procede sinuosa e calda di passione. Una canzone che racconta dell’amore di Hughes verso gli animali (delfini per la precisione) e che diventa appello appassionato a tutela di tutte le vite del creato.
Avanti con il groove di “The Crow”, dove il basso di Hughes introduce ad una canzone 100% rock. Niente di epocale, o innovativo, ma una canzone dal fortissimo appeal live che promette fan in visibilio durante il ritornello epico. “Wanderlast” invece gioca molto sulla “collaborazione” tra Bonamassa e Sherinian. Chitarra e pianoforte a prendere per mano una canzone che apre il suo cuore in un ritornello sorprendentemente melodico e convincente.
“Love Remains” è invece 100% Glenn Hughes: dalla musica che miscela ispirazioni funk ad un testo che parla di ricordi, di famiglia e redenzione. Una storia di come “solo l’amore rimanga” dopo una vita passata insieme e scivolata via nel corso degli anni. Una canzone intima. Chiude il quarto capitolo della storia dei Black Country Communion “When The Morning Comes”. Canzone notturna, dove la passione blues di Joe e Glenn diventa radice profonda di una band che non poteva dar altro che salutare gli ascoltatori con una canzone meravigliosa. Una band in stato di grazia per una canzone che a pochi “centimetri” dal ritornello sembra omaggiare i Fab Four di Liverpool con armonie vocali emozionanti e semplicissime.
Un disco dove si sente la “fame” di una band che non voleva fare altro che tornare sulla scena, di “strizzare” nuovamente gli strumenti e scrivere canzoni in grado di scuotere gli ascoltatori. Un ritorno di cui avevamo bisogno. Un ritorno che ci fa conoscere 4 eterni giovani della musica, 4 musicisti coraggiosi che hanno vinto le “paure” del tempo passati divisi per rilanciare una carriera verso orizzonti ancora da immaginare.
Una fenice che ritorna. Una fenice che deve restare per la gioia di tutti gli appassionati di hard rock. Ed ora speriamo di goderceli in tour.