Dream Theater – Recensione: Black Clouds And Silver Linings

Passati due anni dalla trionfale esibizione al Gods Of Metal dell’Idroscalo, dove eseguirono tutto “Images And Words” dall’inizio alla fine con grande gioia dei nostalgici, puntuali come è loro consuetudine, i Dream Theater sono tornati a far sentire la loro voce e a far parlare di sé. Anche questo gruppo, come altri, è uno di quelli su cui non ci si metterà mai tutti d’accordo: c’è chi li idolatra, soprattutto i giovani fan della tecnica fine a se stessa, che vedono in John Petrucci il messia da seguire e in Mike Portnoy un giullare di corte pieno di inventiva, e colgono l’occasione delle loro frequenti calate in terra italica per portare a un concerto la fidanzata sperando che almeno questi li tolleri, c’è chi li ha amati molto e non si capacita del loro drastico calo di prestazioni, e c’è chi è ancora talmente tanto ancorato al passato da richiedere a gran voce il ritorno nella formazione di Kevin Moore. Un tratto da riconoscere a questo disco, come a quelli precedenti, è la grande difficoltà nell’ascolto, che costringe a risentirlo più e più volte, non sempre con molta facilità; è difficile che scatti amore a prima vista per questo nuovo, mastodontico lavoro (che tra l’altro, come al solito, è disponibile in una moltitudine di edizioni, corredate di CD bonus, inediti, remix e amenità varie), anzi è più probabile che il primo sentimento sia una bella irritazione. Perché James La Brie si ostina a far finta di non essere più in grado di cantare, quando poi nella rock opera dei Roswell Six, “Terra Incognita”, dimostra di sapersela cavare in modo ancora più che dignitoso? E perché i Dream Theater continuano ostinatamente ad auto citarsi, questa volta scopiazzando pari pari dei pezzi di “The Root Of All Evil” e altri brani di “Octavarium”, che vengono incollati piuttosto maldestramente in “The Shattered Fortress”? E perché Jordan Rudess si ostina a farcire ogni secondo libero con i suoi inutili e ripetitivi tappeti di tastiere?

È vero però che qualche elemento positivo c’è. “A Count Of Tuscany” è sicuramente il pezzo meglio riuscito, superiore anche a “A Rite Of Passage”, che ha fatto in un certo senso da singolo apripista e forse è leggermente più accessibile come struttura, essendo suddivisa semplicemente in una lunga prima parte tipicamente aderente ai canoni del prog metal un po’ più classico e da una seconda parte in cui domina l’acustica. “The Best Of Times” ha invece una struttura speculare a quest’ultimo pezzo, dal momento che presenta un inizio in chiave acustica, che farebbe pensare inizialmente a una nuova versione di “Vacant” sulla quale si innesta un secondo momento più complesso e che a grandi linee ricorda “Just Let Me Breathe”, ma molto meno aggressivo nelle sue linee vocali e strumentali, e un finale imponente, affidato principalmente a John Petrucci, che ricorda il finale di “Octavarium”.

Le citazioni, anzi le auto citazioni, potrebbero andare avanti ancora a lungo. Il problema di questo “Black Clouds And Silver Linings” (modo di dire traducibile più o meno con “non tutti i mali vengono per nuocere”, e quindi improntato a una visione positiva della vita, nella quale si considera il famoso bicchiere mezzo pieno anche di fronte alle difficoltà) è proprio la grave carenza di idee nuove, cosa alla quale invece i Dream Theater, nel bene o nel male, ci avevano sempre abituati. A quindici anni di distanza da “Awake” e a dieci da “Scenes From a Memory”, che cosa ci può ancora dire questo gruppo? Sembrerebbe, da quanto emerso, che Petrucci e soci siano ancora in grado di tirare fuori qualche buona idea, che però tende a perdersi nel mare di auto riferimenti e citazioni da manie di grandezza. Forse i lavori degli anni ’90 non potranno più tornare, ma le emozioni trasmesse ormai non sono molte.

Voto recensore
n.d.
Etichetta: Roadrunner / Warner

Anno: 2009

Tracklist:

1- A Nightmare To Remember

2- A Rite Of Passage

3- Wither

4- The Shattered Fortress

5- The Best Of Times

6- A Count Of Tuscany


anna.minguzzi

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E' mancina e proviene da una famiglia a maggioranza di mancini. Ha scritto le sue prime recensioni a dodici anni durante un interminabile viaggio in treno e da allora non ha quasi mai smesso. Quando non scrive o non fa fotografie legge, va al cinema, canta, va in bicicletta, guarda telefilm, mangia Pringles, beve the e di tanto in tanto dorme. Adora i Dream Theater, anche se a volte ne parla male.

3 Comments Unisciti alla conversazione →


  1. Daniele D" Emilio

    eppure è un album stratosferico come per tutti gli album dei DT

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  2. Anna Minguzzi

    Ciao Daniele, da grandissima fan dei DT quale sono (credo di averli visti una ventina di volte dal vivo, per dire), ho atteso quest’album con impazienza, ma ne sono rimasta abbastanza delusa. Anche se, naturalmente, apprezzo molto anche gli album precedenti, nonostante la svolta un po’ troppo pesante per i miei gusti (infatti continuo a preferire i loro pezzi più tipicamente “progressive”), in questo ho trovato poco di entusiasmante. Comunque, l’assenza di voto non è necessariamente un giudizio negativo, solo mi sembra riduttivo in questo caso. Ciao!

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  3. Martina

    AGGHIACCCCCCCIANTE!!!!!!

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