A distanza di quattro anni, i Barishi fanno il loro ritorno sulle scene con un nuovo album intitolato “Old Smoke”. Pubblicato sotto l’egida di Season of Mist, il disco presenta sei tracce per quasi cinquanta minuti di musica. Se avete avuto modo di ascoltare la loro precedente prova, “Blood From The Lion’s Mouth”, saprete già di cosa stiamo parlando: un Progressive Metal di matrice Dark, caratterizzato da atmosfere claustrofobiche e un immaginario esoterico. Per chi ancora non li conoscesse e vuole qualche riferimento, potremmo scomodare i Mastodon di “Crack the Skye” o “Once More ‘Round the Sun” per la ricercatezza del songwriting e delle soluzioni adottate; rispetto alla band di Atlanta, però, i Barishi prediligono un approccio ancora più oscuro, con ritmiche ipnotiche e un growl cavernoso.
Anche per questo nuovo platter, la ricetta non cambia: il combo originario del Vermont infatti mantiene tutte quelle peculiarità che hanno contribuito a consolidare il proprio nome. Ma state tranquilli, perché “Old Smoke” non è una semplice copia del suo predecessore. Dando una rapida occhiata alla tracklist, risalta subito il minutaggio dei singoli brani, decisamente più lunghi rispetto al passato e con ben tre tracce al di sopra dei dieci minuti. Quest’aspetto quindi si traduce in composizioni più articolate, dalle molteplici sfaccettature che contribuiscono a rendere più suggestivo l’ascolto.
L’apertura è affidata a “The Silent Circle”, mid-tempo affidato al cantato gutturale di Graham Brooks e alla sezione ritmica terremotante del bassista Jonathan Kelley e del batterista Dylan Blake. La sezione centrale del brano è caratterizzata da atmosfere decadenti che alleggeriscono per un istante la tensione prima dell’esplosiva chiusura. “Blood Aurora” procede lungo binari similari, con un rifframa robusto, complesso, sempre originale. Da questo primo ascolto è evidente la volontà della band di non inglobare nella sua proposta troppi generi, preferendo concentrarsi su poche ma buone idee. Questa scelta paga in termini di omogeneità e riconoscibilità della proposta.
Intervallate dalla strumentale “Cursus Ablaze” (un brano acustico dal piglio mistico), troviamo “The Longhunter” ed “Entombed in Gold Forever”, due brani dall’attitudine diversa ma accomunati da repentini cambi di tempo e da una massiccia dose di brutalità. Spetta alla title track chiudere il lotto con le sue suggestioni ora sognanti, ora orrorifiche ma sempre molto suggestiva e magnetica. Va sottolineata la prova di Brooks che utilizza delle clean vocals molto suadente.
Con “Old Smoke”, i Barishi compiono un ulteriore passo avanti nel loro processo di maturazione, regalandoci un full-lenght di ottima fattura che saprà soddisfare il palato di chi è alla ricerca di musica ricercata ed espressiva. Nonostante la giovane età, i Nostri ci regalano un disco che richiede più di un ascolto per essere apprezzato nella sua interezza.
