I Bardspec sono senza dubbio una creatura molto particolare e abbastanza insolita anche per i canoni che abitualmente affrontiamo su Metallus. Ci troviamo infatti di fronte al progetto ambient del mastermind degli Enslaved, Ivar Bjørnson: quasi una one-man band dedita a una proposta totalmente strumentale in cui le chitarre si intrecciano a suoni di sintetizzatori, a ritmiche digitali e a qualche sussurro. In quest’album di debutto intitolato “Hydrogen” di metal non c’è insomma proprio nulla, ma i più curiosi e aperti tra voi potranno considerare il disco come piacevole e interessante.
Le tracce proposte sono solo sei e con l’eccezione di una breve intro si attestano su una durata media superiore ai dieci minuti. In ognuna di esse troviamo determinati pattern che si ripetono fino allo sfinimento, ma finiscono per risultare ipnotici e avvolgenti: se ci si lascia andare immergendosi in questo flusso sonoro, un’esperienza eterea e che punta dritta al subconscio è servita.
Astratta, essenziale e fatta apposta per la meditazione, questa musica dall’alto contenuto elettronico va ascoltata come un tutt’uno e sperimentata nella sua interezza: non possiamo infatti considerare l’opera come una sequenza di brani separati fra loro, ma piuttosto come un’unica lunga composizione in più parti. Una materia inafferrabile e quasi impossibile da descrivere a parole, parole che in quest’album sono totalmente assenti, che dev’essere per forza vissuta in prima persona per essere compresa.
“Hydrogen” è ovviamente un disco per pochi: gli stessi fan degli Enslaved non devono affatto aspettarsi una proposta vicina alla band madre di Ivar Bjørnson. Quei pochi che vorranno cimentarsi nell’ascolto si troveranno comunque davanti a un lavoro affascinante e originale, incredibilmente efficace nel regalare al fruitore un profondo senso di pace e serenità.