C’è da battere il ferro finché è caldo, avranno pensato i Bad Wolves prima di far uscire “N.A.T.I.O.N.”, seconda fatica di studio che vede la luce a circa un anno di distanza dall’esordio “Disobey”.
Vogliono battere il ferro finché è caldo, potranno pensare i metallari più sospettosi, che aspettano i Bad Wolves al varco del loro imminente tour con Five Finger Death Punch e, udite udite, Megadeth.
Ebbene, dietro “N.A.T.I.O.N.” c’è molto più che una trovata di marketing volta ad investire nella carriera musicale della band capitanata da Tommy Vext. Come auspicato ai tempi non lontani di “Disobey”, i Bad Wolves arrivano in questo secondo lavoro a definire un sound personale che va a sviluppare le corde più hard rock del suo precedessore, tirandosi fuori dal pantano metalcore degli ultimi anni e da facili accostamenti proprio con i 5FDP, con cui la band condivide l’etichetta discografica (e in cui, ricordiamolo, milita anche Zoltan Bathory, manager dei Bad Wolves).
Attenzione, però, il gruppo non perde un briciolo della sua potenza sonora, ma semplicemente relega ad alcuni brani il cantato in scream o le tinte nu-metal, pur chiarissimi in pezzi dall’impatto certo come la opener “I’ll Be There” o l’incazzatissima “Foe Or Friend”.
Semplicemente, è in “No Messiah” che si intravede la direzione scelta in maniera più marcata dai Bad Wolves, un hard rock ben eseguito che li avvicina agli Alter Bridge di “One Day Remains” o al progetto solista di Mark Tremonti.
Il singolone “Killing Me Slowly” è un perfetto mix di melodia e aggressività, chitarre quadrate, batteria precisa, un ritornello da memorizzare subito: sono questi gli ingredienti su cui i Bad Wolves investono e pescano a piene mani, coronando il tutto con il cantato pulito di Tommy Vext, capace di toccare le corde più emotive dell’ascoltatore. Forse anche troppo, come nell’immancabile ballad “Better Off This Way”, da accendini al cielo e per fortuna ben bilanciata dalla successiva e già citata “Foe Or Friend”.
“Sober” è un’ulteriore prova che i Bad Wolves sanno il fatto loro in quanto a pezzi acchiappa-like, “The Consumerist” li mostra ancora una volta capaci di scatenare addosso ai loro fan muri di suoni granitici, senza per questo mai sacrificare le immancabili linee melodiche, mentre con inattesi cambi di ritmo e di passo, “Heaven So Heartless” rivela sfaccettature tridimensionali che fanno ben sperare nel futuro della band.
A chiudere questo “N.A.T.I.O.N.” ci pensano “Crying Game” e “LA Song”, ancora una volta un dittico all’insegna dell’orecchiabilità e della più sfrenata potenza, perfettamente amalgamate proprio nella canzone conclusiva dell’album.
Con “N.A.T.I.O.N.”, i Bad Wolves consegnano a fan e appassionati del genere un buon disco hard rock, quadrato ed ispirato, e sembrano aver scelto ormai chiaramente quale cammino lastricare di ben riposte aspettative per i lavori a venire.
