Recensione: Awaiting Evil

Direttamente dalla Bay Area di San Francisco, patria del thrash di Testament e molte altre leggende, arrivano i giovanissimi Hatchet. La moda del revival thrash sta dilagando un po’ dapperttutto e ne sono testimoni band quali Evile o Municipal Waste. Qui si parla di thrash di quello vero, proveniente dagli anni’80 e dall’età d’oro del metal, niente contaminazioni ma solo tanta voglia di Old School. Gli Hatchet si formano nel 2005 e attraverso numerosi cambi di line up, che impedivano alla band di produrre e suonare in modo stabile, sono arrivati a firmare per la prestigiosa Metal Blade, etichetta di grandi band come Slayer e Destruction. Dopo l’intro parte “Frailty of the Flesh” e sembra di essere catapultati in quel capolavoro a nome “Alice in Hell” targato Annihilator. Vengono riprese le ritmiche serrate a “mitraglietta” e gli assolo melodici di Jeff Waters, ma la band non si ferma qui con gli omaggi. Attraverso “Sealed Fate” si arriva a “Frozen Hell” che si rifà alla gloriosa NWOBHM con velati richiami ai Maiden incattiviti di Killers. I quaranta minuti abbondanti di disco vanno giù che è un piacere: si passa al semi-crossover (termine ovviamente preso con le pinze) di “Attack Imminent”, riproposizione nel 2008 di quell’immagine un po’ cazzona degna dei migliori Anthrax. Tra assalti a doppia cassa, cambi di ritmo serratissimi e assolo super veloci, piacevoli e melodici si arriva alla title-track, summa del genere e dell’intero disco: sicuramente il pezzo meno immediato di Awaiting Evil. Inutile dire che la proposta degli Hatchet è parecchio derivativa e questo abbassa in parte la qualità del prodotto: nessuna evoluzione ne innovazione. Ma il disco è ben suonato e ben prodotto, con un suono potente e caldo quanto basta. Non ci troviamo di fronte a un capolavoro, ma questi 5 teppistelli di San Francisco non deludono. Ovviamente sconsigliato a chi cerca qualcosa di originale; un disco per puristi del genere. Prendere o lasciare.

Tommaso Dainese

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Folgorato in tenera età dall'artwork di "Painkiller", non si è più ripreso. Un caso irrecuperabile. Indeciso se voler rivivere i leopardi anni '80 sul Sunset o se tornare indietro nel tempo ai primi anni '90 norvegesi e andare a bere un Amaro Lucano con Dead e Euronymous. Quali siano i suoi gusti musicali non è ben chiaro a nessuno, neppure a lui. Dirige la truppa di Metallus.it verso l'inevitabile gloria.

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