Dopo la tragica e prematura scomparsa di The Rev, principale mente creativa del gruppo, la carriera degli Avenged Sevenfold ha subito alcuni alti e bassi. Dopo l’acclamato “Nightmare”, molti ascoltatori hanno criticato duramente “Hail To The King” per mancanza di idee ed originalità. I Sevenfold si sono presi poi una pausa dagli studi di registrazione per 3 anni e sono tornati nel 2016 con “The Stage”, un album sotto alcuni aspetti sperimentale e sicuramente più vicino al progressive metal rispetto al metalcore che li ha caratterizzati nei primi anni. Da “The Stage” sono passati ben 7 anni, un lungo periodo in cui la band ha fatto pochissime esibizioni dal vivo ed era quasi completamente sparita dalla scena musicale, concentrandosi maggiormente su altri progetti paralleli come le tecnologie NFT.
Poi, quasi inaspettatamente, è arrivato il singolo ”Nobody”, che ci ha da subito lasciati un po’ interdetti. Si tratta davvero della stessa band che ha scritto quei gioiellini di “A Little Piece of Heaven” e ”Buried Alive”, giusto per citarne due? Lo ammetto… appena ho concluso il primo ascolto del nuovo album, i dubbi sono stati tanti. Per me che seguo la band da più di dieci anni, è stato quasi uno shock… perché non era assolutamente quello che mi immaginavo e, a dir la verità, non avrei saputo bene cosa aspettarmi dopo l’uscita dei primi due singoli. Innanzitutto, bisogna considerare che in “Life Is But A Dream…” troviamo un’inaspettata commistione di generi e pochissime delle caratteristiche principali dei precedenti brani degli Avenged Sevenfold. E questo sicuramente non piacerà ai fan di lunga data… allo stesso tempo, bisogna riconoscere il fatto che, come tante altre band, anche loro avrebbero potuto optare per sonorità più commerciali per conquistare la fiducia di nuovi fan. Al contrario, qui di commerciale non c’è davvero nulla, ma anzi l’effetto è quello di “restringere” ulteriormente la cerchia degli ascoltatori interessati, che può essere sia un bene che un male. Come accennato prima, la sperimentazione era già iniziata nel precedente “The Stage”, ma qui raggiunge il massimo della sua espressione in quello che possiamo definire senza dubbio l’album più audace degli Avenged Sevenfold.
Da che cosa deriva questo cambio di rotta? Probabilmente si sono lasciati ispirare dagli ascolti attuali e non più dalle band che ammiravano in passato. In ogni caso, in una recente intervista il cantante e frontman Matt Shadows ha raccontato brevemente il processo di creazione del nuovo album: in questa occasione hanno sperimentato diverse tecniche di registrazione e hanno incluso diversi generi che rispecchiano, appunto, le loro passioni. Ecco perché hanno deciso di esplorare nuove direzioni, pur mantenendo una coerenza musicale che lega in qualche modo tutte le tracce.
Si tratta, quindi, di un’esperienza unica e complessa. Basti pensare al singolo “We Love You”, che ha bisogno di più ascolti per essere “digerito” e poi apprezzato. Non ci sono due momenti uguali tra di loro, si passa infatti da “Beautiful Morning” sullo stile degli Alice In Chains a “G”, ricca di influenze prog. In questa miscela variegata di canzoni, forse quella che ci ricorda di più i Sevenfold del passato, in particolare di “Waking The Fallen”, è “Mattel”, ma non per tutta la durata del brano. Questo perché la sperimentazione non avviene solo tra brani, ma anche all’interno delle singole tracce. E quindi passiamo dalle “urla” metalcore ai sintetizzatori senza neanche rendercene conto…
In ogni caso, bisogna fare una breve considerazione sulla registrazione vocale. Come ha affermato anche Matt stesso, l’uso eccessivo dell’autotune in alcune sezioni è una scelta stilistica, ma sono queste distorsioni accentuate probabilmente l’aspetto più debole dell’album. Sicuramente Matt qui ha voluto mettersi in gioco con tecniche vocali diverse, forse anche un po’ per sfatare le critiche di chi non lo considera un abile cantante, e anche se in alcuni punti sembra essere un po’ sottotono, apprezzo comunque lo sforzo di essere uscito dalla sua comfort zone, non solo in studio ma anche dal vivo. Senza dubbio, questa performance vocale così dinamica rafforza ulteriormente lo stile variegato del disco.
In conclusione, è quasi difficile analizzare “Life Is But A Dream…” come un album degli Avenged Sevenfold, gli stessi che hanno scritto brani come “Critical Acclaim” e la struggente “So Far Away”. È un disco che ha bisogno di tempo per essere “metabolizzato” a causa della vastità di influenze che contiene, che vanno dai Rush fino a Kanye West, ma soprattutto perché si tratta di qualcosa di completamente diverso a tutto quello a cui eravamo abituati… e forse non tutti i fan degli Avenged Sevenfold sono davvero pronti ad album così particolare come “Life Is But A Dream…” e probabilmente anche io adesso andrò a riascoltare “City of Evil” pensando ai tempi passati.

Etichetta: Warner Records Anno: 2023 Tracklist: 01. Game Over 02. Mattel 03. Nobody 04. We Love You 05. Cosmic 06. Beautiful Morning 07. Easier 08. G 9. (O)rdinary 10. (D)eath 11. Life Is But A Dream... Sito Web: https://www.avengedsevenfold.com/ |
Per me è un disco strepitoso…il mondo è bello perchè è vario, hanno dimostrato che avrebbero potuto primeggiare nell’ambito del metal strettamente “classico” e si sono spinti oltre!
Per me è un capolavoro..