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Avantasia – Recensione: Moonglow

Torna Tobias Sammet e torna la sua spettacolare creatura che risponde al nome di Avantasia. Partita nel 2001 con la pubblicazione di The Metal Opera, quest’incredibile avventura giunge alla pubblicazione del suo ottavo album in studio, dopo essere stata protagonista di avvincenti concerti nei principali festival mondiali e aver riordinato un po’ le idee. Musicista raffinato e intelligente, Sammet ha saputo dare forma alla sua smisurata passione per la musica Hard ‘n’ Heavy radunando i migliori musicisti in circolazione e realizzando dischi in grado di raccogliere i favori di pubblico e critica.

Non sazio, il mastermind degli Edguy ci riprova con il nuovo “Moonglow”, full lenght che segna l’inizio della Fase Quattro della vita del progetto. Ascoltando nella sua interezza la prova di Sammet & soci, non possiamo non affermare con convinzione che diversi – e riusciti – sono gli accorgimenti operati sia in fase di stesura dei testi, sia in quella delle singole tracce, novità che confermano ulteriormente le enormi doti del folletto tedesco e confermano quanto il precedente “Ghostlights” è stato un semplice incidente di percorso.

Partiamo subito con l’elenco degli special guest di “Moonglow”: ad affiancare Sammet dietro al microfono troviamo, oltre ai veterani Ronnie Atkins (Pretty Maids), Jørn Lande (Masterplan), Eric Martin (Mr. Big), Geoff Tate (ex Queensryche), Michael Kiske (Helloween) e Bob Catley (Magnum), anche le new entry Candice Night (Blackmore’s Night), Hansi Kürsch (Blind Guardian) e Mille Petrozza (Kreator); Sascha Paeth (chitarra), Michael Rodenberg (tastiere) e Felix Bohnke (batteria), infine, completano la band. A dispetto di quanto accaduto nelle precedenti occasioni, in “Moonglow” le diverse voci non hanno dovuto interpretare un ruolo preciso, bensì sono state utilizzate liberamente sulle singole composizioni; slegato da ogni vincolo, Sammet ha potuto di fatto ampliare lo spettro emozionale della sua creatura, ora adattandolo alla sua idea musicale, ora stravolgendolo completamente.

Sovvertendo ogni convenzione, il disco si apre con “Ghost in the Moon”, suite dalla durata di circa dieci minuti in cui, alternando magistralmente le atmosfere e sfruttando una melodia portante decisamente magnetica, i Nostri mettono subito le cose in chiaro: “Moonglow” è un album dalle molteplici sfaccettature che saprà mettere d’accordo tutti. Già nella successiva “Book of Shallows”, infatti, le chitarre diventano più rocciose, dando corpo a un brano grintoso come pochi; il contributo dei vari Atkins, Lande e Kürsch prepara il terreno al sopraggiungere di un devastante Petrozza, che, con la sua timbrica, marchia uno degli highlights del disco.

Decisamente più distesa la successiva title track, superba prova di una Candice Night perfettamente a suo agio su un classico brano Power Metal dal sapore Folk. “The Raven Child” è l’ennesima dimostrazione delle doti di Sammet, capace di realizzare composizioni articolate e di caricare in ogni segmento suggestioni differenti, spesso contrastanti, ma sublimate brillantemente dai suoi ospiti: è il caso del “menestrello” Kürsch, posto in apertura di un brano che richiama atmosfere medievali e sfocia in un ritornello coinvolgente e poderoso nel suo incidere; intenso il contributo di Lande come fondamentale l’apporto della chitarra di Paeth per legare e caratterizzare le singole parti.

Senza cali di tensione, giunge “Starlight”, brano diretto, forse il meno elaborato del platter, pur confermandosi piacevole e coinvolgente grazie alla solita cura negli arrangiamenti e alla ricercatezza della melodia. L’accoppiata “Invincible” – “Alchemy” può vantare il contributo di un ispirato Tate: il primo brano è una ballad pianistica che sfocia nel più oscuro e duro proseguimento, sostenuto da orchestrazioni ammalianti. Una cornucopia di voci emerge da “The Piper at the Gates of Dawn”, traccia dal ritmo sostenuto che, purtroppo, nella sua abbondanza di partecipanti penalizza il contributo dei singoli. Succede che Martin e Catley vengano “sacrificati” sebbene il loro contributo risulti evidente.

Dopo due brani lunghi e strutturati, torniamo a una composizione leggera e ariosa come “Lavander”, sorretta dalla prova di Sammet e Catley. La chiusura è affidata a una lapidaria “Requiem for a Dream”, esaltante brano figlio della tradizione Power Metal teutonica in cui Sammet e il suo “padrino” Kiske ci regalano diversi brividi lungo la schiena; il merito è di un rifframa serrato, ritornello catchy e una sezione centrale solista affidata anche al basso (suonato da Sammet). Insomma, tutto quello che ogni amante de genere sogna! Non poteva mancare la solita cover, e questa volta tocca a “Maniac” di Michael Sembello, al centro di un piacevole quanto riuscito divertissement in perfetto Sammet-style.

Cala così il sipario sull’ennesimo capolavoro degli Avantasia: come per i suoi predecessori, anche “Moonglow” è un’esperienza che vi terrà incollati all’ascolto dalla prima all’ultima nota. Pochi musicisti o band oggi rappresentano una certezza, Sammet è tra questi. Senza dubbio. 

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