I Lacrimas Profundere presentano “Antiadore”, decimo studio album della loro carriera ormai ventennale. Partiti come ensemble di doom/death metal nei primi anni’90, pressoché in contemporanea con i padri britannici, i tedeschi si sono in seguito diretti verso i lidi di un gothic metal in chiave Sentenced, Lacuna Coil, Paradise Lost del periodo mediano, per poi arrivare ad un gothic pop/rock piacione e radiofonico che in effetti lasciava qualche lecito dubbio (vedi i non certo indispensabili “Songs For The Last View” e “The Grandiose Nowhere”). In occasione del nuovo full-length, i mitteleuropei tornano parzialmente sui loro passi, con un sound che si rende ben più diretto e metallico rispetto al passato recente, tanto che “Antiadore” si potrebbe paragonare alle loro releases dei primi 2000. Il disco ha un suono indubbiamente incisivo e moderno, tutto è permeato da un costante alone di malinconia, ma le chitarre sono sempre in vista, altrettanto i muscoli. Parla bene in questo senso l’opener “My Release In Pain”, canzone retta da un refrain mnemonico ma veloce e compatta, tanto che Rob Vitacca, al solito dotato di un timbro sensuale e ottimo per il genere in questione, si ritaglia addirittura un cammeo con le screaming vocals. Ottime anche “What I’m Not”, un pezzo decisamente al passo con i tempi e compatto e “My Chest”, un brano che molto deve ai Sentenced di “Frozen”, retto da un refrain vincente che vi ritroverete pericolosamente a canticchiare dopo un solo ascolto. Non mancano alcuni episodi più ruffiani, in questo caso abbiamo “Dead To Me” e “A Sigh”, entrambi di immediata presa e con dei pastiche elettronici davvero efficaci. “Antiadore” non fa gridare al miracolo ma è un album comunque funzionale e piacevole che potrà essere apprezzato dagli estimatori di queste sonorità. Per la band un momento di ripresa dopo un periodo poco brillante.