Bellissima serata. Non certo grazie al torrenziale temporale tropicale che si è abbattuto su tutta la Lombardia, ma si sa, un po’ di difficoltà aiuta a godersi maggiormente le conquiste. Arriviamo così al Rainbow dopo un viaggio allucinante durato decisamente più del dovuto, ma per una volta ne è valsa decisamente la pena. Aprono la serata i semi-sconosciuti power-thrasher svedesi DEBASE, infilati in scaletta all’ultimo momento e decisamente poco considerati dai presenti. Lo stile della band si muove tra i Metallica di ‘…And Justice For All’, qualche accenno di Messhuggah semplificati e una propensione maniacale per la pesantezza ritmica. Certamente competenti, ma troppo poco coinvolgenti e non abbastanza personali. Ovvio che la loro esibizione non abbia smosso più di tanto. Dopo qualche minuto arrivano sul palco i Seven Witches. La gradita sorpresa (almeno per il sottoscritto) di Joey Vera inserito nella line-up ha prontamente risvegliato l’attenzione per uno show non così atteso in partenza. Come prevedibile però il lungo set proposto ha evidenziato contemporaneamente pregi e difetti di un gruppo che non ha comunque le doti per affrancarsi dal ruolo di simpatico gregario della scena power americana. Ottima infatti la prestazione strumentale, con Jack Frost e Joey Vera sugli scudi, restano molte perplessità sulle reali capacità di Wade Black, un singer potente ma che finisce con l’appiattire i pezzi a causa della tonalità inespressiva, per poi esplodere in sgraziate urla senza senso. Assolutamente non all’altezza, secondo noi. Ovviamente molti i pezzi pescati dall’ultimo e non trascendentale lavoro, hanno probabilmente convinto maggiormente gli estratti dai più interessanti primi album e soprattutto l’efficace riproposizione della storica ‘See You In Hell’ , cavallo di battaglia dei mai troppo rimpianti Grim Reaper. Buoni, ma solo se presi come aperitivo. Alla cena completa ci pensano senza problemi gli acclamatissimi headliner. Raramente mi è capitato in tanti anni di militanza di assistere ad un concerto di tale intensità. Il micidiale cocktail di potenza, tecnica, melodia e, perché no, simpatia(si, si può essere metallari e anche non vedere tutto nero) sortisce l’effetto sperato: un piccolo gruppo di ‘amici’ condivide una serata all’insegna del puro divertimento, della passione per la musica e della voglia di stare insieme . Per tutta la durata del concerto Jeff, Joe e gli altri distribuiscono strette di mano, smorfie e sorrisi compiaciuti, evidentemente gratificati dalla partecipazione di un pubblico tutt’altro che numeroso ma veramente entusiasta. La scaletta si sposta agilmente tra l’intera discografia della band, ed è così che brani recenti come ‘Torn’ e ‘Ultra Motion’ si affiancano senza fatica ai più classici ‘King Of The Kill’, ‘Set The World On Fire’ e ‘I Am In Command’. Tutto bellissimo: il suono, nitido e potente, e soprattutto la prestazione della band, precisa, aggressiva e straordinariamente coinvolgente. E così ci si ritrova a cantare con loro ogni singola canzone, e a ridere insieme dei personaggi che si fanno strada tra le teste accalcate sulle transenne per salire sul palco a prendersi i loro dieci secondi di popolarità e qualche spintone dai solerti buttafuori. Un clima di familiarità che aiuta a riconciliarsi con tutto e tutti in un’orgia di positività che farebbe invidia a Buona Domenica. Incontenibile la voglia di lanciarsi nel pogo durante ‘Phantasmagoria’, troppa la commozione per ‘Never Neverland’ e ‘Alyson Hell’ per non provare già nostalgia sulla conclusiva ‘Shallow Grave’ lanciandosi nell’ultima liberatoria danza. Alla fine c’è giusto il tempo per rammaricarsi un po’ per la mancata inclusione di ‘Welcome To Your Death’ e per farsi una foto ricordo con qualcuno dei disponibilissimi membri della band. Bravi, bravissimi, anzi di più. Un grazie alla band e tutti quelli che c’erano. Ci vediamo la prossima volta amici e mi raccomando non mancate.