Aborym – Recensione: Hostile

Gli Aborym, guidati dal mastermind Fabban oramai da trent’anni, hanno sempre portato avanti un mondo musicale estremo e portatore di disagio, contraddizioni, sensazioni malate e dannatamente contemporanee. Questo linguaggio sonoro si è evoluto insieme ai cambiamenti sociali e apparentemente “lenti” che ci hanno lentamente portato a tutte le problematiche che oggi siamo portati ad affrontare, sia che riguardino i cambiamenti climatici, oppure una epidemia che sta minando certezze forse solo illusorie.

“Hostile” arriva quattro anni dopo “Shifting.negative”, e musicalmente prosegue nella stessa direzione, ben lontana dal canonico black metal e facilmente avvicinabile ad un industrial rock vicino ai maestri Nine Inch Nails, ma non è certo una novità parlare degli Aborym come degli innovatori ed assoluti outsiders, completamente in controtendenza con il resto della scena metallica e spesso incompresi, odiati, definiti “posers” o molto peggio. E Fabban si diverte certamente a non dare mai molti e chiari punti di riferimento, perché, anche in questa occasione, qualunque sia il punto di partenza musicale, esso è solamente il pretesto per costruire una immensa cattedrale di alienazioni quasi cinematografiche, che frulla mille diverse influenze, dall’industrial, alle taglienti chitarre metalliche, fino a suggestioni jazz, ambient, melodie decadenti proveniente dal lato oscuro degli anni ottanta, e potremmo andare avanti ancora ed ancora.

Che Fabban sia forse antipatico o “se la tiri”, o che gli Aborym non siano classificabili, questi rimangono elementi assolutamente secondari rispetto al discorso sonoro, per cui su “Hostile” potremmo scrivere pagine e pagine di note, soltanto per provare a scovare i mille riferimenti, le influenze e gli obiettivi di un progetto che suona, per fortuna e purtroppo, come una perfetta colonna sonora di questi tempi dilanianti e dilaniati, i cui scenari apocalittici non sembrano certamente così lontani o parvenze di visioni folli e falsamente disturbate.

Pensare e scrivere che gli Aborym siano soltanto delle repliche devote uscite fuori da una fantasia qualunque di Trent Reznor, per me equivale a voler minimizzare una proposta che ha bisogno di essere assimilata e compresa dopo una miriade di attenti ascolti, sia dal punto di vista strumentale che lirico. Il vero punto di partenza e la chiave per entrare nel mondo distorto di “Hostile”, risiede in una produzione dai suoni clamorosi, avvolgenti e modernissima. E non ci vuole un grande “scrittore di musica” per ammettere almeno quanto grandiosa sia la quattordicesima e finale “Magical Smoke Screen”, piccola sinfonia dark che porta i Pink Floyd in mondi alieni e pericolosissimi, dove lamenti di lacerate sirene indicano una via che non possiamo evitare. “Hostile” è un disco da ballare, da bestemmiare e da urlare, ed una volta stremati, ricominciare ad ascoltare.

Etichetta: Dead Seed Productions

Anno: 2021

Tracklist: 01.Disruption 02.Proper Use Of Myself 03.Horizon Ignited 04.Stigmatized (Robotripping) 05.The End Of A World 06.Wake Up. Rehab 07.Lava Bed Sahara 08.Radiophobia 09.Sleep 10.Nearly Incomplete 11.The Pursuit Of Happiness 12.Harsh And Educational 13.Solve Et Coagula 14.Magical Smoke Screen
Sito Web: https://www.facebook.com/aborymofficial

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