Chiusa la parentesi Murderdolls, il drummer mascherato Joey Jordison si lancia in un nuovo progetto chiamato Scar The Martyr, coadiuvato dal chitarrista dei Darkest Hour Kris Norris, Jed Simon degli Strapping Young Lad, Kyle Konkiel proveniente dagli In This Moment, il tastierista Chris Vrenna e lo “sconosciuto” singer Henry Derek, insieme danno vita ad una band dall’attitudine Metal molto marcata, lontano anni luce dall’incarnazione del suo primo side project e molto vicino alla naturale attitudine degli Slipknot.
Vista la presenza di elementi così talentuosi, è lecito attendersi un prodotto di alto livello, questo è vero in parte: la spina dorsale del tessuto musicale è assimilabile a quanto proposto dalla band di Des Moines, sebbene manchino le percussioni e gli elementi elettronici siano molto limitati, inoltre i brani risultano in molti casi decisamente prolissi, sarebbe stato meglio sforbiciare qua e là per rendere il tutto più fluido ed accattivante, ma nonostante ciò l’album in questione è molto energico ed atmosferico allo stesso tempo.
L’intro iniziale è sinistra, spettrale, un crescendo ansiogeno traghetta l’ascoltatore verso la prima traccia “Dark Ages” ed è subito evidente la presenza ingombrante dei già citati Slipknot: il drumming di Joey unito al riffing serrato e ripetitivo delle chitarre sono inequivocabili, tanto più che la somiglianza è accentuata dalla mancanza di altri strumenti in grado di riempire quei vuoti che lasciano la sezione ritmica in evidenza, è qui già palese la necessità di un taglio netto alla lunghezza dei brani. Stesso discorso vale per altri episodi come “Blood Host”, il cui incipit richiama paurosamente alla mente i Coal Chamber di “Loco” e “Last day On Earth”, traccia che sembra non decollare mai e non trovare una giusta chiusura.
Ovviamente non è tutto da buttare via: “My Retribution”, pagato il solito debito artistico, riesce comunque a conquistare grazie ad un riff imperioso accompagnato da un drumming incalzante, azzeccate anche le linee vocali, sebbene siano fin troppo assimilabili all’opera prestata dal singer Corey Taylor tanto negli Slipknot quanto nella sua seconda incarnazione chiamata Stone Sour; tra gli altri godono di buoni passaggi anche “White Nights In A Day Room” ed “Effigy Unborn”, ben congegnata sia nelle parti melodiche che nelle nervose scariche di doppia cassa debitamente supportate dal resto della sezione ritmica.
In definitiva questo debutto sulla lunga distanza dal titolo omonimo rappresenta un buon punto di partenza, ma per ottenere qualcosa di valido, qualcosa in grado di camminare con le proprie gambe, è necessario cercare soluzioni che non siano riconducibili palesemente ad altri.
Voto recensore 6 |
Etichetta: Roadrunner Anno: 2013 Tracklist: 01. Intro Sito Web: http://www.scarthemartyr.com/ |