Ritorno di classe per i lombardi Warmblood, ormai da anni tra le migliori realtà della scena death nostrana e, con questo “God Of Zombies”, tra i pochi davvero in grado di miscelare brutalità, tecnica e melodia senza dare mai l’impressione di farsi sfuggire di mano la fluidità delle composizioni.
Fin dall’incipit lasciato a “Post-Mortem Transfiguration” appare chiaro come la maturazione artistica della band li abbia portati a creare uno stile che comprende di tutto un po’: dalle vocals gutturali ed estremamente brutali, ad una struttura di brano che procede con decisione verso un obiettivo ben delineato (ovvero non ci sono stacchi incomprensibili o troppo forzati), ma senza mai rinunciare ad una punta di virtuosismo chitarristico tipica di band come Arch Enemy o Necrophagist.
Si tratta di accostamenti che raccontati sulla carta potrebbe sembrare eccessivamente stridenti, ma che in sostanza i Warmblood riescono a far funzionare attraverso scelte ben fatte e coerenti, come ad esempio quella di utilizzare un suono pulito e ben calibrato su ogni strumento, con ottimi risultati nella resa delle differenza tra parti più aggressive (diciamo alla Dying Fetus, giusto per darvi un termine di paragone) e momenti più inclini alla melodia e all’elaborazione tecnica dai rimandi prog-death.
Se non siete troppo convinti potete ascoltare una song come “Unfaithful Celebrant” e rendervi conto di ciò che stiamo cercando di spiegare. La title track mette in luce invece forse quello che ci pare l’unico limite riscontrabile nella band, ovvero la fin eccessiva coerenza nell’uso di vocals gutturali anche quando si cercano passaggi ultra-melodici (e qui siamo molto vicini a quanto fatto dagli Arch Enemy). Vero però è che quella di inserire parti vocali più in sintonia con le parti melodiche rimane comunque una scelta di campo che rimanda più che altro alla sensibilità e al gusto personali, e che per questo si esporrebbe a critiche in ogni caso.
Davanti a lavori come questo c’è poco altro da appuntare e l’unico dubbio che sovviene è capire quale sia il limite intrinseco di una scena italiana incapace, almeno a livello di pubblico, di supportare adeguatamente realtà valide come quelle che spesso possiamo ascoltare nelle produzioni contemporanee. Mai paese fu meglio capace di incarnare il detto: “Nemo propheta in patria”.
Voto recensore 7,5 |
Etichetta: Punishment 18 Records Anno: 2014 Tracklist: 01. Intro (Zombie Genesi) Sito Web: https://www.facebook.com/warmbloodband |